La 56/ma Biennale d’arte di Venezia che si terrà nel 2015 ha cambiato le sue tradizionali date (apertura prevista per i primi di maggio), facendo un salto all’indietro nel tempo (si è sempre inaugurata ai primi di giugno), ma promettendone due in avanti. È al futuro – anzi, alla pluralità degli scenari prossimi venturi – che guarda la rassegna immaginata dal curatore Okwui Enwezor (nato in Nigeria nel 1963, già curatore della Biennale sudafricana, di Documenta 11 e della Triennale al Palais de Tokyo). Il desiderio di spaziare oltre il presente gramo e sconnesso è un manifesto programmatico fin dal titolodella rassegna All the World’s Future (9 maggio / 22 novembre).
In Laguna, accompagnato dal presidente Paolo Baratta che ha ribadito quell’incarnare «la macchina del desiderio» di ogni forma d’arte, Enwezor ha presentato il suo progetto sulla scia di Walter Benjamin e della lettura premonitrice che fece dell’acquerello di Paul Klee (che acquistò nel 1921) e di quella figura che si allontana da qualcosa di disturbante che vede davanti a sé: «Le fratture che oggi abbondano in ogni angolo del panorama mondiale rievocano le macerie evanescenti di precedenti catastrofi accumulatesi ai piedi dell’angelo della storia nell’Angelus Novus. Come fare per afferrare appieno l’inquietudine del nostro tempo, renderla comprensibile, esaminarla e articolarla? I cambiamenti radicali verificatisi nel corso degli ultimi due secoli hanno prodotto nuovi e affascinanti spunti per artisti, scrittori, cineasti, performer, compositori e musicisti…».
La sfida è quella di inserire gli artisti nel flusso caotico dello «stato delle cose». Il mondo, oggi, è terrorizzato, ricorda Enwezor, «dalla crisi economica, da una confusione virale, dalla politica secessionista e da una catastrofe umanitaria». L’arte può avvicinare questi temi, senza addomesticarli, utilizzando i suoi filtri. Lo spazio preferito da Enwezor, da sempre, è quello dialettico: dopo la Biennale di Massimiliano Gioni che andava alla ricerca visionaria di una summa del sapere antropologico e anche magico con il suo Palazzo Enciclopedico, la 56/ma Mostra di Venezia tenterà di drammatizzare lo spazio espositivo, luogo che finirà per simboleggiare i luoghi disordinati del mondo, del conflitto e delle deformazioni geopolitiche. Anche i padiglioni dei Giardini andranno in cerca di identità: gli artisti sono stati invitati a elaborare delle proposte che avranno come punto di partenza il concetto di giardino, realizzando sculture, film, performance e installazioni.
Al posto di un solo tema onnicomprensivo che racchiuda e incapsuli diverse forme e pratiche in un campo visivo unificato, la rassegna punterà su una serie di filtri sovrapposti: fra i registri esplorativi, ci sarà anche quello della storia stessa della Biennale (con i suoi centoventi anni di vita) e le vicissitudini del Capitale, a partire da Marx fino alle ultime propaggini del pensiero economico.
Come d’abitudine per Enwezor, la sua mostra sarà un avventuroso viaggio planetario intorno la realtà contemporanea e i suoi repentini rovesciamenti sociali e simbolici.