Boko Haram avanza mentre l’esercito batte in ritirata. Un’immagine che stride con il profilo geo-economico della Nigeria, attualmente l’economia più grande dell’Africa o quanto meno la più importante, al pari del Sud Africa. Per la prima volta in più di 5 anni di insurrezione contro l’establishment al potere e le comunità civili e religiose delle aree rurali e urbane (che dalle remote regioni nordorientali si è diramata fino alla capitale Abuja e a Lagos), Boko Haram ha fatto una dichiarazione di rivendicazione territoriale.

Con un video di circa 52 minuti diffuso domenica sera il leader del gruppo islamista, Abubakar Shekau, ha reclamato infatti sotto il suo potere e della «legge islamica» il governo di una città nigeriana al confine con il Camerun: «Grazie ad Allah che ha dato la vittoria ai nostri fratelli nella città di Gwoza e l’ha resa parte del califfato islamico».

Shekau appare, mentre proclama il califfato, tra quattro uomini mascherati e armati, due alla sua destra e due alla sua sinistra, davanti a tre fuori strada in una località non identificata, non essendoci chiare indicazioni se il video sia stato effettivamente girato a Gwoza.

Che la città fosse caduta nelle loro mani era stato confermato a fine luglio dall’Ocha, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari. Non distante da Chibok (il villaggio nello stato nordorientale del Borno da dove ad aprile sono state rapite dallo stesso gruppo qaedista più di 200 ragazze ancora disperse), Gwoza con i suoi 265 mila abitanti, stando ai dati dell’ultimo censimento, risulta essere la più grande città sotto il controllo di Boko Haram.

Secondo alcuni testimoni e forze della sicurezza, l’esercito e la polizia sarebbero stati respinti durante i combattimenti dai miliziani islamici e avrebbero ripiegato verso il Camerun. A confermare la notizia alcuni fotogrammi dello video di Abubakar Shekau che mostrano quello che sembra essere un assalto a Gwoza: miliziani di Boko Haram – alcuni in uniforme militare altri in abiti civili – armati di Ak-47, granate a razzo e armi sottratte ai militari governativi battuti in ritirata, accanto a blindati di loro proprietà e pick-up con mitragliatrici montate sul tetto. Il video si chiude con le scene dell’esecuzione di 20 prigionieri, colpiti a sangue con la vanga, davanti in fosse pre-scavate. Ulteriori conferme arrivano dal portavoce della polizia Emmanuel Ojukwu secondo cui 35 poliziotti restano dispersi dopo un attacco a un campo di addestramento della polizia a Gwoza e dal portavoce dell’esercito del Camerun, il tenente colonnello Didier Badjek, che ha reso noto alla Bbc come soldati nigeriani siano stati ospitati nella città camerunense di Maroua, a circa 80 km dal confine.
A luglio Boko Haram aveva preso una città chiave del nord-est della Nigeria, Damboa. Una delle più grandi dello stato del Borno e un centro commerciale meta di persone provenienti dai villaggi vicini. Oltreché un’entrata verso la foresta di Sambisa dove si presume siano nascoste le ragazze rapite.

In quell’occasione erano state circa 40 le vittime e 15 000 i residenti fuggiti da Damboa e dai villaggi poco distanti di Kimba, Madaragrau, Mandafuma, Chikwar Kir, Bomburatai e Sabon Kwatta. Risulta però al momento quasi impossibile mappare le aree precise cadute nelle mani di Boko Haram nelle regioni del nord est (in cui vige lo stato d’emergenza da maggio dello scorso anno) tra le meno accessibili del Paese e con scarsa copertura telefonica.

Non è chiaro se Abubakar Shekau con la rivendicazione territoriale di Gwoza stia rispondendo alla chiamata di Abu Bakr al-Baghdadi, il leader dell’ Isis, o stia dando corso a un’indipendente ambizione.
Certo è che l’avanzata dei miliziani del Jama’atu Ahlus-Sunnah Lidda’Awati Wal Jihad (People Committed to the Prophet’s Teachings for Propagation and Jihad), comunemente noti come Boko Haram, sta procedendo con una veemenza senza precedenti che fa temere come il gruppo sia più vicino che mai a raggiungere il suo obiettivo di ritagliarsi uno Stato islamico in tutto nord della Nigeria.