La Gran Bretagna ha proposto alla città di Calais di inviare le barriere di sicurezza utilizzate durante il vertice Nato di Newport, nel Galles, “per sostituire o prolungare le barriere troppo facili da scavalcare da parte degli immigrati clandestini” nel porto francese. E’ la risposta del sottosegretario all’immigrazione del governo Cameron, James Brokenshire, alla richiesta francese a Londra di contribuire finanziariamente alla gestione dei migranti che arrivano a Calais con l’intenzione di andare in Gran Bretagna. Il ministro degli interni, Bernard Cazeneuve, aveva chiesto a Londra di “partecipare finanziariamente alla securizzazione del porto”. La sindaca di Calais, la senatrice Ump Natacha Bouchart, aveva minacciato Londra di bloccare il porto: “so che sarebbe illegale – ha affermato – ma voglio un gesto forte da parte della Gran Bretagna”. E il “gesto forte” è arrivato ieri: la proposta di inviare i circa 20 km di barriere alte tre metri usate al vertice Nato per contenere i manifestanti.

Si dietro questo scambio di frasi non ci fosse la tragedia umana di migliaia di persone, ci sarebbe da ridere verde. Il dramma di Calais dura da più di 15 anni e nessun governo ha mai avuto l’intenzione di trovare una via d’uscita. Oggi, a causa delle guerre mediorientali, i migranti presenti nel porto sulla Manica sono intorno ai 1300-1500, una cifra in netta crescita rispetto agli ultimi anni (erano circa 300 nel 2002, dopo la chiusura del centro di Sangatte). Al 95% sono uomini soli, ma adesso, a causa della guerra civile in Siria e delle violenze in Iraq, cominciano ad esserci anche donne e bambini. Per loro potrebbe venire aperto anche la notte un centro di accoglienza, ha annunciato il governo. Per gli uomini, invece, salvo in caso di “grande freddo”, dovrebbe venire allestito un centro aperto solo di giorno, dove verranno centralizzati vari servizi (pasti, igiene, burocrazia, cure mediche ecc.), che erano state decentralizzate, dopo la chiusura del centro di Sangatte, a 12 km da Calais, gestito dalla Croce rossa. Nel 2002, Nicolas Sarkozy, allora ministro degli interni, aveva chiuso il centro che era diventato un “disastro umanitario” e che era sospettato di essersi trasformato in un luogo di azione dei passeurs. Con la chiusura di Sangatte, i migranti si erano arrangiati per sopravvivere in luoghi di fortuna. Era nata la “giungla”, poi smantellata nel 2009 dall’allora ministro dell’immigrazione Eric Besson.

A Calais operano varie organizzazioni, animate dagli abitanti della cittadina, che vengono in aiuto ai migranti. Alcuni di loro hanno dovuto subire denunce e processi, accusati di venire in aiuto all’immigrazione clandestina. Ma persiste anche una grande ostilità verso i migranti lasciati all’abbandono, che si accampano dove possono: la città è ormai governata dalla destra da anni e il Fronte nazionale ha superato il 12% alle ultime municipali. Domenica il collettivo “Sauvons Calais”, formato da organizzazioni di estrema destra, ha convocato una manifestazione anti-immigrati, dove si sono viste braccia tese nel saluto nazista e sentiti slogan del tipo “sbattiamoli fuori”, “i bianchi in pericolo” ecc. Calais attrae in quanto è il porto per la Gran Bretagna, luogo che la maggior parte dei migranti sogna di raggiungere, dove spesso ha già dei famigliari. La Francia accusa la Gran Bretagna di scaricare sulle sue spalle il “fardello” e volta le spalle al problema. Cosi’ Calais si è trasformata in un luogo di tragedia, con ogni anno la sua serie di morti, ragazzi che tentano di passare al di là della Manica nascondendosi nei camion di passaggio. Quest’estate, dopo gli interventi della polizia per smantellare degli accampamenti di fortuna, si sono anche verificati scontri tra gruppi di migranti di diversa origine e tra migranti e camionisti.