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I movimenti di lotta per il diritto alla casa ed all’abitare si sono moltiplicati negli ultimi anni in Italia, come in tutto il sud Europa, fino a spingere l’elezione di Ada Colau a sindaco di Barcellona, ma l’attenzione della stampa, della saggistica e della ricerca sociale non è stata all’altezza di questa forza. Il libro La scintilla. Dalla Valle alla metropoli, una storia antagonista della lotta per la casa di Cristiano Armati, pubblicato da Fandango, contribuisce a colmare questa lacuna, insieme ai lavori del collettivo internazionale SqEK (Squatting Europe Kollective) e di singoli ricercatori e ricercatrici che stanno proponendo analisi sul tema.
La scintilla ricostruisce la storia passata e recente del movimento per la casa, specialmente della realtà romana, ed ha il merito di presentare analisi e proposte emergenti dall’interno dello stesso movimento. Un testo corale, dunque, che presenta un processo in corso, capace di durata e conquiste quotidiane, dal blocco degli sfratti alle occupazioni di immobili vuoti. Ciò che è al centro di questo libro è un percorso collettivo di riappropriazione e di risposta autonoma alle assenze o alle presenze interessate delle istituzioni pubbliche, mentre le città diventano sempre più ostili per una parte della popolazione, con gli sfratti eseguiti in crescita vertiginosa in tutta Italia dal 2011, pari a 31.399 nel 2013, quasi tutti per morosità.

Il racconto si svolge in prima persona a partire dall’esperienza dell’autore, occupante con il suo nucleo familiare dopo il mancato rinnovo del contratto di lavoro. La narrazione diretta facilita l’immersione del lettore all’interno del movimento, accompagnato dalla sua colonna sonora, dalle canzoni, dai cori e dagli slogan usuali nelle iniziative di lotta, che restituiscono la scansione del tempo quotidiano dell’impegno, dalle note di Azzurro a quelle di Questa casa non la mollerò di Ricky Gianco.

La storia si sviluppa dal primo Tsunami tour romano per la casa del 6 Dicembre 2012, con l’occupazione di diversi edifici inutilizzati, passando per la manifestazione in Val di Susa nell’estate del 2013, dopo la quale fu lanciata l’iniziativa nazionale della sollevazione del successivo 19 Ottobre, fino allo sgombero ed alla resistenza delle occupazioni della zona Montagnola nell’Aprile 2014. In questo periodo si è diffuso il programma politico lanciato dai movimenti sociali in Italia: una sola grande opera, casa e reddito per tutte e tutti. Un programma che coglie nel segno, perché individua la necessità di ribaltare la politica di Robin Hood al contrario – che favorisce cioè banche e imprese private – promossa dallo Stato attraverso le grandi opere. Una politica che nega diritti e bisogni fondamentali ad una parte crescente della popolazione, composta soprattutto da italiani e migranti in condizioni di precarietà e disoccupazione o occupati con bassi salari. Una politica di classe, sistematizzata dalla Legge obiettivo del 2001 e rilanciata dal decreto «Sblocca Italia» del 2014, che si è fondata sull’espropriazione della ricchezza collettiva a vantaggio di quella privata.

Il legame tra la lotta contro il Tav e quella per il diritto alla casa ed all’abitare è qui evidente. Sono lotte che propongono di andare oltre la logica delle grandi opere e dell’espropriazione, per costruire un’alternativa politica capace di interrompere la tendenza al crescente impoverimento sociale ed all’aggressione ambientale. Questo legame si ritrova anche dal lato negativo della storia, nelle politiche di ordine pubblico dello Stato – attraverso le denunce per terrorismo dei militanti No Tav o l’articolo 5 del Decreto Lupi contro l’occupazione abusiva di immobili – ai cui rappresentanti Armati si rivolge più volte, chiedendosi quando, in un contesto di ingiustizia crescente, «tra i dipendenti statali si diffonderà un movimento di disobbedienza civile».

Il testo parla, però, anche del comune metodo politico utilizzato, quello della democrazia orizzontale, rappresentato da alcuni osservatori esterni, come hann scritto alcuni giornalisti, come l’espressione di un controllo mafioso di una parte degli attivisti sui partecipanti alle occupazioni. È curioso che questa interpretazione venga veicolata in una città che sta conoscendo le vicende di «Mafia capitale», l’evidenza di un potere politico ed economico costruito sulla pelle delle aree sociali maggiormente stigmatizzate, quelle normalmente individuate come colpevoli di ogni problema: i rom, i senza casa, le famiglie sfrattate, gli immigrati.

I movimenti per la casa stanno mettendo in discussione proprio questo, le politiche e le narrazioni razziste e classiste, utili ad «evitare alleanze tra classi sociali disagiate», mentre continuano ad alimentare la pratica della solidarietà e della cooperazione meticcia: in altre parole, la scintilla del cambiamento.