Un disco da considerare linfa dell’underground italiano che, malgrado gli acciacchi, riesce ad innovarsi grazie a punti di riferimento come gli OvO. Dopo Abisso arriva Creatura (Dio Drone) di una delle band più rilevanti del circuito alternativo. Da ben diciassette anni la cantante e chitarrista Stefania Pedretti e Bruno Dorella alla batteria senza cassa, spingono al massimo un «rock rumoroso non catalogabile in un genere musicale», come è stato scritto. Secondo il batterista: «Parliamo di qualcosa di aggressivo che utilizza elementi fastidiosi ma sempre in un’ ottica musicale, magari estrema. Nel caso degli OvO il rumore è utilizzato come elemento organico all’interno di brani musicali».

«Creatura» è un disco ipnotico, lugubre, tribale, gotico, inclinato sul black metal e arricchito dall’elettronica…

B: «Abbiamo lavorato con un approccio vicino a quello dell’elettronica: mi sono fatto mandare alcuni suoni da amici esperti, sono andato in studio e li ho integrati alla mia batteria scegliendo quelli che più si adattavano ed inserendoli nelle mie idee ritmiche. Le ho fatte ascoltare e scegliere a Stefania che a sua volta in studio ci ha improvvisato sopra voce e chitarra. Il tutto è durato un paio di mesi».

Gli OvO hanno suonato in mezzo mondo convinti di seguire la strada giusta, sebbene non proprio facilissima…

B:«Vorrei sfatare il mito che tutto sia meglio fuori dall’Italia. Questa scena è di nicchia anche nel resto del mondo. Sicuramente vedere la gente apprezzare il nostro lavoro durante il primo tour ci ha confermato che era la cosa giusta: era il 2001, siamo passati per Grecia, Turchia, Bulgaria e Macedonia (durante la guerra civile). Dopo un tour così capisci subito se ci sei o ci fai. E noi non vedevamo l’ora di ripartire».

Travestimento e trasformazione sono elementi estetici che affiorano negli spettacoli

Stefania: «L’elemento estetico e immaginativo è importante quasi quanto la musica che creiamo, la trasformazione è fondamentale. Fino a prima di Abisso abbiamo suonato mascherati, poi abbiamo deciso di scoprire i volti pur mantenendo un dresscode. I nostri live sono anche dei piccoli rituali in cui indossando i costumi diventiamo altro, o meglio esprimiamo un’altra parte di noi. Questo è il nostro lato catartico-ancestrale».

Un’esperienza internazionale che vi ha fatto crescere ma non allontanare da Ravenna

B: «In media ho trovato il pubblico americano più vicino alla nostra musica, certo che sentire boati di ovazione in Cina, Messico, Russia o Vietnam fa più effetto che dove viviamo. Però sono venuto alle mani con persone intolleranti del pubblico, soprattutto negli show più performativi ed irriverenti, nelle civilissime Berlino ed Anversa».

L’underground italiano sembra sempre più marginalizzato

B: «Perché è marginalizzato per definizione. Lo è dappertutto. In alcuni Paesi europei ci sono sussidi che permettono ai gruppi di andare in tour senza preoccuparsi di quanto guadagnano, con 6-800 euro ad aspettarli a casa. Nei Paesi scandinavi spesso sono supportati anche con furgoni o biglietti aerei. Un vero sogno. Ma poi l’underground di questi Paesi non è più florido del nostro che tuttavia viene considerato di qualità sin dagli anni 80 con l’hardcore e oggi, con la scena che va dagli Zu agli Zeus! passando per gli OvO. Quanti gruppi underground olandesi si conoscono? Il motivo è che, nel rock, il mercato premia solo gli americani. E nemmeno loro hanno il welfare. Quindi non è quello il punto. Sono leggi di mercato che sfuggono alle mie competenze, per questo faccio il musicista».