«Io sono la coreografa. Queste le interpreti. Breanna O’Mara, Anna Fingerhuth. Ho creato il mio lavoro con Breanna e Anna Wehsarg, ma poi Anna Wehsarg è rimasta incinta. Le due Anne sono tipi molto diversi. E quando si lavora sull’interpretazione…». Comincia così A fury tale di Cristiana Morganti, danzatrice italiana storica di Pina Bausch al suo terzo, fulminante, lavoro, alla Cavallerizza di Reggio Emilia per il festival Aperto. A parlare è la stessa Morganti, in scena per 2 minuti a preambolo della creazione al fianco delle magnifiche due fulve danzatrici del suo pezzo.

Giù viene da sorridere. Morganti non danza come nei precedenti Moving with Pina (2010) e Jessica and Me (2014), ma con quella vena ironica che la contraddistingue fa capire in un soffio cosa si mette in gioco tra coreografo e personalità dell’interprete. Morbida, piena di linee curve era la qualità di movimento della prima Anna (che ballava nell’anteprima estiva a Civitanova Danza) – Morganti ne fa una breve dimostrazione – , appuntito, aguzzo nelle dinamiche e nei gesti, il movimento di Anna Fingerhuth, in scena ora.

E poi c’è Breanna, leggera, armoniosa, timbro fluente non privo di scarmigliature. Quattro donne, contando anche l’autrice. C’è di che averne per un duetto.Tema fonte dello spettacolo la rabbia che, declinata in mille sfumature, apre le porte a tanti contenuti da infondere nella danza: femminilità, competizione, complicità, carattere, impulso, memoria, affetto, odio, tempo che passa, tempo presente, autobiografia, finzione. La scena è lattea, quasi uno sfondo su cui far esplodere il colore. Il passaggio da un quadro all’altro avviene con tagli cinematografici netti, senza dissolvenza. Cambi di tensione, luci, musica improvvisi. Gestiti da Morganti e dal suo staff creativo con ritmo focoso.

Le protagoniste cadute a terra all’improvviso, le strisciate blu notte che colano sullo sfondo, primo dei tanti toni emozionali che si alterneranno nel movimento sulla scena. Le urla e le confessioni. Le due danzatrici in gonnella colorata che ballano salterellando con leggerezza giovanile; la donna con valigia che affronta il viaggio della vita, gli abiti coloratissimi, i progetti per il futuro raccontati a voce alta, l’interpretazione sexy di un mal di schiena, le teste da lupo, le danze stroboscopiche, le gambe giuste per la danza, cosa vuol dire essere consapevoli del proprio corpo.

La memoria dei tanti anni con Bausch affiora in scene strepitose come quella sulla danzatrice che si ribella alla coreografa perché non vuole danzare il suo assolo su una musica non amata, ma è evidente in A fury tale che il passato ormai ha aperto le porte a una Morganti indipendente, perfettamente adulta nello sviluppo di un proprio segno coreografico e registico.
Coinvolgente il collage musicale che spazia con voracità tra stili e generi, video di Connie Prantera, collaborazione artistica di Kenji Takagi.