Per non offendere nessuno, sgomberiamo il campo dall’equivoco. Le manganellate che ieri sono sfuggite di mano alla giunta Pisapia e che hanno segnato alcune giovani teste schierate in difesa del centro sociale Zam, quelle sono solo manganellate umanitarie. E quei lividi sanguinanti (quattro feriti, e vari contusi picchiati da poliziotti sempre troppo nervosi) forse non sono altro che ruvidi inviti a sedersi al “tavolo” della trattativa. E che sarà mai?

Deve essere così se dopo il consueto lavoretto di forza il Comune di Milano ha beatamente rilanciato il suo tavolo del confronto (e meno male che non si è fatto male nessuno) “con tutte le realtà presenti in città perché siamo convinti della possibilità di individuare anche proposte concrete sull’utilizzo degli spazi che possano evitare il ricorso agli sgomberi”. E meno male. La seduta si terrà sabato. Almeno una sedia resterà vuota (le altre già cigolano per l’imbarazzo: Arci, Camera del Lavoro e poche altre associazioni).

Nel frattempo non si è ancora capito chi sia in grado di operare il miracolo, visto che il sindaco Giuliano Pisapia, per sua natura contrario agli sgomberi – e ci mancherebbe altro – nulla ha potuto contro l’evento soprannaturale che ha azzerato l’esperienza autogestita nel cuore del centro storico più caro (anche al metro quadro) alla bella e democratica sinistra milanese, il quartiere Ticinese.

Ma la giunta allarga le braccia dicendo che lo sgombero è stato ordinato dalla procura di Milano perché una parte della ex scuola occupata è pericolante. Vero, ma non può essere tutta “colpa” di un pm. E poi si può decidere: una struttura semi pericolante la si mette in sicurezza, oppure no. Viene da chiedersi se fa più male un sindaco – o una giunta, piena zeppa di “amici” dei centri sociali – che sobilla sgomberi o un sindaco che nulla può fare per impedirli.

Magari anche solo temporaneamente per ragionare a bocce ferme. Del resto era proprio la dialogante giunta Pisapia ad aver “aperto” qualche settimana fa il “tavolo” con alcune realtà sociali per discutere di spazi da assegnare. Ora, anche il più sfegatato dei fan della “primavera arancione” arriverà a comprendere che non può esistere dialogo o trattativa quando il buon senso viene preso a manganellate. Come sempre è accaduto, anche quando le giunte erano diversamente colorate.

In più, tanto per complicarsi la vita, la giunta di Milano – e il consiglio comunale dove siedono diversi cari amici dei centri sociali che sempre simpatizzano specialmente su facebook – sa benissimo che il “problema” si ripresenterà tale e quale tra qualche settimana. A settembre. Ci sono già le date delle nuove occupazioni previste, al plurale: i bene informati sanno che i nuovi spazi saranno tre. E due, di nuovo, saranno proprietà del Comune di Milano. E magari uno servirà per ospitare i ragazzi e le ragazze del centro sociale Lambretta, l’altro luogo autogestito che proprio in questi giorni rischia di essere sgomberato – questa volta per responsabilità politica della Regione Lombardia (ma pare che formalmente Bobo Maroni non ordinerà nessuno sgombero). Ci penserà un’altra volta la polizia.

La sinistra milanese inacidita bofonchia. C’è chi si è stufato di non raccogliere mai nemmeno le briciole, mentre la città addirittura si dà arie per nutrire il pianeta (a proposito di illegalità e magistratura), chi si vergogna e tace e chi si insulta tipo derby, gli adepti del credo arancione sempre e comunque e gli ultrà del tanto peggio tanto meglio. Ma la partita vera si giocherà tra due anni, al voto dopo l’abbuffata dell’Expo.

Con un po’ di coraggio, questa volta, Sinistra Ecologia e Libertà almeno ha ammesso di vivere lo sgombero di Zam come una vera sconfitta. La miglior autodifesa, è l’attacco. Una sconfitta, “che sentiamo anche nostra, soprattutto nostra. Lo vogliamo dire in modo netto e chiaro senza nasconderci dietro rocamboleschi giri di parole o tentativi di mediazione sull’attribuzione delle responsabilità che finiscono sempre per chiudersi al massimo ribasso. Le scene delle manganellate su giovani a mani nude non possono che lasciare sconcertati e preoccupati”.

Senza alcun bisogno di cospargersi il capo di cenere, stanno con Zam anche Rifondazione Comunista, Camera del Lavoro, Fiom e Arci.