La cara Grazia se ne è andata. Da tempo combatteva contro il tumore, ma non ce l’ha fatta a vincere la sua guerra, nonostante la voglia di vivere, nonostante l’ottimismo che cercava di trasmettere alle sue amiche, ai suoi amici, ai suoi cari.

Poco tempo fa, durante l’ultimo saluto ad un’altra cara amica e compagna di tanti di noi, Giuseppina Ciuffreda, ci siamo salutate con quel grande affetto che è rimasto sempre vivo, anche se i nostri cammini erano diversi ormai da molto tempo.

Grazia Gaspari, tra le veterane del manifesto, ha vissuto con entusiasmo e dedizione i primissimi anni del giornale, portando in redazione la vivacità di una donna curiosa, di una giornalista accurata, amica della vita che preferiva guardare con gli occhiali colorati, come gli abiti che indossava.

Tutta la sua passione giornalistica l’aveva riversata, nell’ultimo periodo al manifesto, nelle cronache sul Vaticano ai tempi di Wojtyla, un felice approdo professionale che la portò a girare il mondo mettendola in sintonia con la sua continua, profonda, creativa, ricerca spirituale.

Dopo la lunga esperienza al manifesto, Grazia, che intanto era diventata madre dell’amatissimo Giulio, scelse di andare a lavorare al Tg-Lazio e poi a Rainews, dove concluse la sua esperienza professionale.

Mille e mille sono i momenti, i ricordi, le battaglie che hanno legato la sua vita – e quella del suo compagno di sempre, Rocco Pellegrini, stimato dirigente nazionale del manifesto-Pdup fino al 1976 – alla particolare «avventura» del manifesto e alle persone che condividevano allora la stessa storia. Erano gli anni del quinto piano di via Tomacelli, a Roma, anni Settanta e primi Ottanta del secolo scorso, quando vita e militanza politica erano una cosa sola e il manifesto era un porto nel mare della sinistra sessantottina o fuoriuscita (oppure espulsa) dal Pci.

Ci siamo conosciute, all’università di Roma, ai tempi del movimento che aveva punti di forza nei collettivi di Medicina e di Lettere e Filosofia. Per tanto tempo abbiamo diviso tutto, dalla 500 per andare in redazione (la mia o la sua a seconda di quale funzionasse), perché eravamo anche vicine di casa, a Roma, alle lunghe serate occupate dalle fumose e interminabili riunioni con un gruppo ristretto di compagne e compagni o ai momenti di convivialità, spesso accompagnati dalla chitarra di Rocco.

Nel lavoro considerava suo maestro Luigi Pintor, con il quale abbiamo condiviso alcune situazioni difficili, di rottura, con il gruppo storico del manifesto. La sua passione per il giornalismo e la scrittura ne facevano la nostra «correttrice di bozze» quando, armata di pennarello, cancellava il politichese con pazienza, generosità, ironia. Come era naturale per una ragazza dal carattere aperto e sorridente che le ha consentito di affrontare a viso aperto le dure prove della vita, guidata sempre dal desiderio di superarle.

Fino all’ultima lotta contro la lunga malattia che le aveva piegato il fisico ma non il morale, non il coraggio, non l’ottimismo che ha regalato ai suoi amori, ai suoi affetti, Rocco e Giulio. A loro va il nostro abbraccio, insieme a quello di tutto il manifesto.

Ciao, cara amica di sempre.

I funerali di Grazia si terranno martedì 6 ottobre alle 15 a Sutri (Viterbo) presso la cattedrale in piazza del Duomo