Puntuale come le tasse sulla casa è tornato in campo il maledetto articolo 18. Eliminarlo non serve a niente, e questo tutti gli attori in campo, Renzi, Berlusconi e Alfano, lo sanno perfettamente. Però agitare la cancellazione del pochissimo che ne resta può tornare lo stesso utile. Per i capi dell’ex centrodestra, ricostituitosi per l’occasione, è merce di scambio politica e, nel caso del disastrato Angelino, il salvagente a cui attaccarsi per dimostrare che il suo esangue Ncd una ragione d’esistere ce l’ha.

Per Renzi l’utilità dell’inutile campagna è anche più seria. Nei prossimi mesi, il velocista dovrà varare misure pesanti e dolorose, il contrario esatto di ciò che ha sempre promesso. Lo sapeva già da settimane: il verdetto di Moody’s ha confermato che di vie d’uscita stavolta non ce ne sono. Il colpo di grazia all’art. 18 potrebbe così diventare, a seconda delle circostanze, o un diversivo per evitare che l’attenzione del pubblico votante si concentri troppo sulle mazzate vere, oppure una bandiera da salvare, a costo limitato, per salvaguardare l’immagine “nuova” e popolare del governo proprio mentre in cantiere ci sono misure che di innovativo e di popolare non hanno proprio niente. Saranno gli equilibri politici del momento, in autunno, a decidere se l’art.18 dovrà essere un diversivo o un alibi propagandistico.

Cosa fare per mettere una pezza allo sfascio dei conti, Renzi non lo ha ancora deciso. Ma che si tratti di misure socialmente feroci, pur se impacchettate come solo i grandi imbonitori sanno fare, è certo. Le ipotesi che palazzo Chigi e il ministero dell’Economia stanno discutendo in questi giorni, per verificarne la praticabilità, sono eloquenti. Circola impetuosamente l’ipotesi di un nuovo intervento sulle pensioni. Non una riforma che tocchi per l’ennesima volta quelle future, però: lì la spugna è già stata strizzata sino all’ultima goccia. Piuttosto quelle già erogate, considerate troppo esose perché misurate con l’obsoleto sistema retributivo invece che contributivo. In soldoni, un taglio delle pensioni «troppo» alte, incluse naturalmente quelle di reversibilità a partire dai 3mila euro lordi. Dire lacrime e sangue, se l’ideuzza diventasse progetto di legge, sarebbe ancora poco.

La seconda trovata potrebbe essere smerciata come una sorta di patrimoniale, tanto per accontentare l’ala sinistra dell’elettorato renziano. Ma sarebbe una patrimoniale per modo di dire, dal momento che verrebbe misurata sui nuovi catasti e quindi, ancora una volta, colpirebbe, insieme ai più abbienti, la sterminata massa dei piccoli proprietari. Con la differenza che per i primi, che pure se ne lamenterebbero a voce strepitante, il colpo sarebbe lieve, per i secondi esiziale.

E’ possibile che queste scelte draconiane, al momento solo ipotetiche, vengano alla fine rimpiazzate da qualche altro taglio, meno apertamente massacrante per la massa degli elettori. Ma nella sostanza l’esito non cambierà di molto. Si capisce dunque perché una bella guerra simbolica sull’articolo 18 possa alla fine rivelarsi il minore dei mali. Tanto più se, alla fine, proprio Renzi riuscisse a comparire come il salvatore del simbolo dei diritti dei lavoratori (sopravvissuto alla scomparsa di quei diritti). Ci farebbe un figurone. Se la venderebbe come la prova provata della sua diversità rispetto a tutti i governi passati, e proprio mentre imbocca la stessa strada dei predecessori.

Ma se il nome dell’articolo 18 verrà mantenuto o meno dipende da altri equilibri, più schiettamente politici. Alfano, dicono i beninformati, è contentone. A lui delle norme sui licenziamenti importa pochissimo, come anche della fecondazione eterologa e della campagna sugli immigrati. Quel che conta è ritagliarsi un ruolo, e nel quartier generale dell’Ncd brindano, convinti di aver imboccato la strada giusta. Inoltre, l’immediata risposta positiva di Forza Italia ha creato una situazione a dir poco interessante, con il centrodestra per la prima volta davvero ricompattato dai giorni tristi del divorzio, e con tali e tanti numeri, come segnala giubilante l’azzurra Licia Ronzulli, da «mettere in minoranza Renzi». Non è detto che la battaglia di Angelino l’annegante debba per forza essere combattuta fino in fondo, del resto. Se del caso, si troverà il modo di allestire qualche baratto vantaggioso.

Ma qualche forma di baratto, magari concedendo ad Angelino Alfano la vittoria simbolica in cambio della resa sul fronte della legge elettorale, potrebbe tornare utile anche a Matteo Renzi. Ecco perché ieri, mentre dal Pd si moltiplicavano le levate di scudi contro l’eliminazione dei poveri resti dell’articolo 18, Lorenzo Guerini, a sorpresa, è uscito con una dichiarazione tutt’altro che blindata: «Come emendamento allo Sblocca-Italia non se ne parla: Ma al momento di discutere la delega lavoro terremo in contro tutte le proposte».