Enrico Ioculano è il giovane sindaco di Ventimiglia che si è autosospeso dal Pd per protesta contro l’assenza del governo sulla questione dei migranti alla frontiera.

Come valuta il piano Gabrielli?

Dal punto di vista istituzionale sta funzionando, sono diminuite le presenze di persone migranti in città. Chi viene riammesso sul territorio italiano dalla Francia, respinto dal territorio francese, non è più riportato ai campi di Ventimiglia, che hanno capienza limitata, ma trasferito in altro luogo. Sotto il profilo morale e umano è però incongrua l’entità della spesa per riportare queste persone dove non vogliono andare, e che poi magari dopo tre giorni si ripresentano. Forse bisognerebbe rivedere qualcosa a livello generale: le percentuali dei richiedenti asilo in Italia – parlo delle domande che partono dal centro della Croce Rossa di Ventimiglia -, sono pochissime.

C’è chi considera lo smaltimento dei flussi come deportazioni. Quali suggerimenti si sentirebbe di dare al governo?

«Deportazioni» e «alleggerimenti» sono termini impropri. Le deportazioni nella storia sono state altre. Alleggerire è il contrario di appesantire, ma è inappropriato, poiché parliamo di uomini, non di pesi. E’ un modo burocratico per mascherare un trasferimento, ma è pur vero che questa città non riesce a reggere i numeri che ha sostenuto quest’estate (1200 persone) e si è rivelato necessario. Quello che contribuisce a dare l’idea del successo dell’«alleggerimento» è anche la permeabilità del confine francese, una calamita per il profugo. Più che suggerimenti, constatazioni: occorre gestire le cause, non le conseguenze.

L’ordinanza che proibisce la distribuzione di cibo ha suscitato molte contestazioni. Dare un panino a un povero è da proibire?

Vi è un ente istituzionale che provvede alla tutela delle persone in cammino e evita che queste persone, soggetti deboli in questo contesto, vengano avvicinate da individui che intendono ottenere un tornaconto da loro. Il centro del Parco Roja somministra cibo e bevande a tutti: identificati e non, residenti all’interno del centro e non. Chi vuole dare una mano come volontario, può farlo. Quello che si è voluto limitare o evitare è che ci siano persone che portano del cibo prodotto in condizioni non controllabili e che si somministri sulle pubbliche piazze o in prossimità del greto del fiume: per un’esigenza di sanità e di sicurezza e per evitare che il cibo non consumato venga lasciato in luoghi pubblici e attiri topi e blatte. E c’è anche una ragione di metodo, sull’ accoglienza: la nostra amministrazione ha fortemente voluto un campo aperto a tutti, che non chiedesse le generalità alle persone e il loro riconoscimento per dare da mangiare e da dormire. La distribuzione del cibo in altri contesti legittimerebbe accampamenti spontanei, che non si possono mantenere.

Qual è il suo rapporto con chi considera il transito libero un diritto e sostiene la cittadinanza universale opponendo a volte legittimità a legalità, come i No Border?

Come Sindaco devo tener conto della legalità e della legittimità di un provvedimento, come uomo posso slegare il concetto di giustizia da quello di legalità, tuttavia anche se i due ruoli possono confliggere devono trovare un modo di convivere. Inserire in contenitori stagni e in etichette “no border”, “solidali”, “di sinistra” persone che considerano il libero transito un diritto lo trovo limitativo. Ci sono associazioni e volontari che aiutano sul territorio, che pur credendo nel libero transito e battendosi per quello, hanno apprezzano una struttura che potesse accogliere le persone in cammino per qualche giorno e si sono resi disponibili a svolgere attività all’interno. Non posso neppure inserire in un un’unica categoria i solidali: ci sono quelli che hanno collaborato per una causa comune con cui si è dialogato e quelli con cui dialogare era impossibile. Quanto ai provvedimenti punitivi, non entro nelle competenze della magistratura. Segnalo però un disagio personale e istituzionale per le numerose manifestazioni che sono state fatte su questo territorio. Hanno attirato l’attenzione dei media, già molto alta, e creato disagi sotto il profilo del turismo, del commercio e del traffico. Forse queste manifestazioni piuttosto che farle a Ventimiglia – una città che, pur con tutti i limiti, si è dimostrata accogliente – bisognerebbe farle dalla parte di chi non è disponibile ad accogliere. Altrimenti si punisce proprio quel territorio che si è prodigato. Comunque, le manifestazioni che si sono svolte sul territorio sono sempre state pacifiche.