Consapevole di avere il destino compromesso da una malattia degenerativa del fegato, Roberto Bolaño investì le sue ultime energie in un «mostro» che lo «divorava», 2666, il romanzo fiume uscito postumo un anno dopo la scomparsa. Puttane assassine (Adelphi «Fabula», trad. Ilide Carmignani, pp 230, euro 18,00), sua seconda raccolta di racconti e ultimo libro pubblicato in vita, non può dunque essere letto in senso testamentario: resta tuttavia un’opera importante, non fosse che per gli evidenti legami con il primo volume di racconti, Chiamate telefoniche, del quale può essere considerato un ideale proseguimento.

Entrambi i libri raccolgono un numero pressoché identico di testi, quattordici in uno, tredici nell’altro. Entrambi trovano spesso nella figura di Arturo Belano, evidente alter ego dell’autore, un protagonista sempre segnato da una qualche forma di marginalità rispetto agli eventi narrati, sia quando il suo ruolo pare limitato a quello dell’osservatore o, in più di un caso, dell’ascoltatore di una storia altrui, sia quando la vicenda lo vede coinvolto in prima persona. In entrambi i libri, i temi e le immagini ricorrenti dell’opera di Bolaño – la violenza, il male come forza latente nell’uomo, il sesso, la letteratura, l’esilio e via dicendo – si alternano in maniera simile, seguendo un percorso per molti versi parallelo.

Sia l’uno che l’altro attingono a ricordi ed esperienze personali, ma l’uso frammentario del materiale autobiografico è quasi sempre trasversale, se non elusivo. Infine i titoli. Entrambi provengono da uno dei racconti contenuti nel libro, scelta certamente più che normale per un raccolta e sulla quale si potrebbe tranquillamente sorvolare se entrambi i titoli non fossero composti di due parole, un sostantivo al plurale seguito da un aggettivo, quasi che tutti i racconti dei rispettivi libri vadano intesi in quella chiave, come se ognuno di essi alludesse in qualche misura a una chiamata telefonica o ai racconti di una puttana assassina.

È evidente che tra le due cose sussiste una diversità abissale. Una chiamata telefonica è tanto ordinaria quanto non è da chiunque e di ogni giorno la frequentazione di puttane assassine; senza contare che, nel mondo reale, alle prostitute tocca assai più spesso la parte delle vittime. Nella sensibilità di Bolaño, questa distanza è tuttavia assai minore. Bolaño detestava parlare al telefono, un’idiosincrasia che traspare in termini abbastanza evidenti dal carattere poco rassicurate che questo genere di conversazione assume nella sua opera; lo squillo di un apparecchio e lo scambio di battute che ne segue hanno spesso una qualità indefinibilmente misteriosa, quasi che lo scopo principale di un telefono sia quello di generare inquietudine. Per contro, è tipico di scrittori e poeti avere un occhio di riguardo per le prostitute. Bolaño non faceva eccezione. Restando nel solco di una passione che accomuna tanti, da Catullo a Baudelaire, oltre ad amarle, Bolaño riteneva che le puttane fossero «la cosa più somigliante che ci sia a un orologio. Le puttane sono le donne-orologio per eccellenza». Non disse di più, non chiosò questa sua immagine.

Può darsi che le attenzioni mercenarie delle prostitute fossero per lui la migliore conferma che il tempo è denaro, ma in fin dei conti è irrilevante stabilire cosa intendesse con esattezza. Conta piuttosto la dimensione del tempo in relazione ai rapporti umani e alla letteratura, ed è proprio nello spazio concentrato e ridotto del racconto che emerge con chiarezza come sia il tempo a dare sostanza alla voce narrante, a definire da quale prospettiva vengono osservati gli eventi. Può sembrare un’ovvietà, giacché qualunque opera narrativa implica necessariamente un’organizzazione temporale. Bolaño si serve indistintamente dei tanti modi in cui un narratore può raccontare una storia. Si serve tanto della prima persona che della terza. Racconta tanto al presente che al passato, e a volte usa perfino la forma un po’ desueta del dialogo.

Alcuni suoi racconti procedono dritti come un sparo, trascinati dal treno degli accadimenti; altri paiono attorcigliarsi seguendo il filo più tortuoso dei ricordi. In tutto ciò non vi è nulla di particolarmente nuovo o distintivo. A rendere inconfondibile la sua scrittura o, per essere più precisi, lo sguardo col quale essa si manifesta è altro, ovvero la consistenza quasi spaziale che il tempo sembra assumere nei suoi racconti, qualunque sia la strategia narrativa adottata.

In Bolaño, il tempo non viene percepito come semplice fluire né come fuga né tanto meno come un ripetersi, un eterno ritorno; è piuttosto un confine, un margine, serve cioè a marcare una distanza di qualche tipo, una separazione, a delimitare un buco, un’assenza, una sparizione. Spesso si parla di Bolaño come di un esule e non si può certo negare che lo fosse, tanto più che i suoi racconti abbondando di personaggi che, volenti o nolenti, con piacere o disperazione, si trovano a vivere lontano dal proprio paese. Nondimeno quando parla di sé o, meglio, quando parla di Arturo Belano, l’esilio non prende mai i caratteri della nostalgia. È semplicemente una distanza.

Uno dei racconti di Puttane Assassine ha inizio proprio con una festa di cileni esuli in Europa alla quale partecipa un letterato, un certo B, nel quale è facile distiguere i tratti dello scrittore sebbene la voce narrante metta tra sé e lui una diversità di vedute e sentimenti. Pur essendo un cileno residente a Barcellona, B detesta gli esuli del paese. La possibilità di tornare in patria, che alcuni suoi conoscenti trovano seducente, «a B pare un’idea atroce». Il passato come madrepatria, più che rimpianto, sembra suscitare rancore o, a essere più benevoli, una disincantata diffidenza. Ciò non tanto e soltanto per le ovvie memorie della dittatura, quanto per il comportamento deludente della sinistra latinoamericana. Bolaño non tornò mai in Cile, se non brevemente, e proprio in un’intervista rilasciata in occasione di una visita lampo spiegò di non provare alcuna nostalgia, nessun particolare sentimento verso i luoghi in generale, giacché di essi gli interessava unicamente il destino delle persone che li avevano abitati. Ed è qui che entra in gioco il tempo. In un certo senso Bolaño esibisce per via letteraria ciò che la fisica ha dimostrato: che il tempo non esiste se non come manifestazione dello spazio. In un dato momento un luogo è abitato da una persona, in un altro momento questa stessa persona non è più in quel luogo: temi e stile della scrittura di Bolaño discendono tutti da qui. È per l’appunto ciò che avveniva con una chiamata quando la telefonia non era ancora mobile. L’apparecchio squilla ma all’altro capo non risponde nessuno (cosa frequente in Bolaño): il tempo è il medesimo per chi chiama e per chi dovrebbe ricevere, ma la mancata risposta trasforma questa simultaneità in un abisso o in una scomparsa (un personaggio di Puttane assassine si suicida dopo aver telefonato).

Oppure l’apparecchio squilla e dall’altro capo, da chissà dove, giunge la voce di una persona sconosciuta, ed è questo un tipo di distanza più simile al rapporto con una prostituta: la vicinanza può essere forte, anche estrema, ma trattandosi di una relazione a tempo, regolata dal denaro, il grado effettivo di intimità è sempre ambiguo o inconoscibile (un personaggio di Puttane assassine scopre di flirtare con una prostituta soltanto in un secondo momento e per caso).

Bolaño spesso imbastisce storie a partire da incontri occasionali o marginali, e anche quando parla di presenze più che famigliari (il padre, per esempio) è prevalente la dinamica del distacco. Protagonisti e voci narranti non sono mai il centro della storia, ma soltanto un’estremità, un capo del telefono. Tra i suoi modi di raccontare uno trova il suo vertice nei Detective selvaggi, dove le vicende dei due protagonisti (i realvisceralisti Ulises Lima e Arturo Belano) sono sempre viste da fuori, da una folla di occhi altrui e con i buchi temporali che un simile sguardo fatalmente comporta; ma comincia a acquisire la prima forma compiuta nei racconti di Chiamate telefoniche e trova il suo ideale proseguimento in quelli di Puttane assassine.