La differenza tra la vita e la morte si può nascondere in un condizionale. «Noi continuiamo a scavare, potrebbero esserci altre persone vive», dice a metà mattinata il vice capo della Protezione civile Andrea Borrelli. E in quel «potrebbero» sta tutta la speranza e la disperazione di Amatrice, di Accumoli e di tutti gli altri centri azzerati in quattordici secondi la notte del 24 agosto.

Mantenere alta la speranza è un imperativo che deve valere per tutti, soccorritori e familiari di coloro che ancora sono dati per dispersi, ma è chiaro che con il passare dei giorni è sempre più difficile mantenerla accesa. A 72 ore dal sisma il bilancio fa contare 281 vittime. 218 delle quali solo ad Amatrice e 11 ad Accumoli, epicentro delle scosse di questi giorni. Tra i morti si contano purtroppo anche 21 bambini. E’ di 928, invece, la sequenza di scosse che si sono susseguite finora.

Uno stillicidio senza fine e che non lascia tregua. Per le centinaia di sfollati e per i soccorritori che continuano anche di notte a scavare, ieri mattina la sveglia è arrivata alle 6,28: una botta di magnitudo 4,8 che ha scaraventato per la strada tutti, creato il panico nel palazzetto dello sport di Amatrice diventato un punto di raccolta e provocato nuovi crolli, come se non bastassero le macerie. Ha cominciato a scricchiolare anche la Torre civica che dopo la prima scossa di magnitudo 6.0 aveva continuato a svettare solitaria tra le rovine. Adesso potrebbe crollare da un momento all’altro, accartocciarsi su se stessa e sparire nella polvere.

Si scava e con i corpi vengono alla luce anche le storie di chi non ce l’ha fatta. Si sono paragonati spesso gli effetti del terremoto di Amatrice a una scena di guerra, alle conseguenze di un bombardamento. Il primo maresciallo Carlo Chiodi nella sua vita aveva lavorato proprio per evitare la guerra. L’anno scorso era stato in missione a Naqouro, nel quartier generale della missione Unifil in Libano meridionale. Di certo non se l’aspettava di morire in questo modo insieme alla moglie Maria e alla figlia Angelica, sette anni appena.

Intanto vanno avanti le indagini della procura di Rieti per arrivare all’accertamento di eventuali responsabilità. L’inchiesta condotta dal procuratore capo Giuseppe Saieva ha come ipotesi di reato il disastro colposo e punta alla verifica di eventuali anomalie nel lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza delle strutture, sia pubbliche che private, crollate e in particolare al mancato adeguamento alla normativa sismica prevista per le zone 1, quelle ad alto rischio come è appunto il reatino.

La linea di demarcazione è il 1983, anno dopo il quale tutte le nuove costruzione devono rispettare la normativa antisismica. All’attenzione degli inquirenti in particolare ci sono l’ospedale di Amatrice e la scuola Romolo Capranica, il primo crollato parzialmente e la seconda che dopo i danni provocati dalla prima scossa del 24 agosto ha continuato a avere crolli anche con le scosse successive. Per questa struttura, che racchiudeva in un solo edificio la materna, le elementari e le medie, il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi ha annunciato di volersi costituire parte civile. «C’è un’indagine che dovrà verificare i lavori fatti per il consolidamento e la vulnerabilità sismica della scuola, ma se c’è qualcuno danneggiato, questo qualcuno è il comune», ha spiegato ieri Pirozzi.

Altro discorso vale invece per le abitazioni costruite prima del 1983. In questo caso dopo il terremoto del 2009 a L’Aquila il governo aveva stanziato finanziamenti per la messa in sicurezza delle abitazioni private. Si tratta di milioni di euro stanziati ogni anno e destinati dal governo alle regioni e da queste ai comuni sulla base delle domande presentate. Al contrario degli edifici pubblici, in questo caso si tratta però di interventi volontari da parte di singoli privati che per ottenere i finanziamenti avrebbero dovuto presentare la relativa documentazione al Comune. La procura adesso vuole capire se i bandi per informare sulla disponibilità dei fondi siano stati pubblicizzati adeguatamente dalla amministrazione e verificare eventuali inadempienze da parte dei funzionari addetti.

Ma la procura di Rieti vuole anche capire come e da chi siano stati eseguiti, là dove è stato possibile, i lavori di consolidamento. Appalti, ditte ed esecutori. Un lavoro lungo, che richiederà molto tempo, spiegano in procura, ma indispensabile se si vuole rendere giustizia a chi con il terremoto ha perso la vita.