Accelerare al massimo sulla riforma elettorale. L’ordine arriva direttamente dal capo, Renzi Matteo, in consesso a palazzo Chigi con il capogruppo al Senato Zanda, la presidente della commissione Affari costituzionali Finocchiaro, i capigruppo Pd della stessa commissione alla Camera e al Senato, Fiano e Lo Moro, nonché il fidatissimo Guerini. Si era detto che bisognava attendere il varo definitivo della riforma del Senato prima di passare all’Italicum nella sua ennesima versione. Contrordine compagni: si procede a rotta di collo con la legge elettorale. Obiettivo: l’approvazione definitiva, dopo il certamente necessario secondo passaggio alla Camera, entro l’anno. Si vada quindi alla calendarizzazione senza perdere altro tempo.

La legge in questione somiglia solo alla lontana a quella già votata a Montecitorio. Il Magnifico, si sa, ci ha ripensato: premio alla lista, non alla coalizione, perché bisogna governare da soli, senza più sprecare energie con le mediazioni. Manca il fondamentale sì di Fi, ma Renzi è convinto che arriverà. In fondo, nell’ultimo incontro con il socio, re Silvio era andato a un millimetro dall’acconsentire. Restano da limare un paio di particolari. Passano poche ore e arriva la doccia fredda. Siti e agenzie informano che nella mattutina riunione con i senatori forzisti Berlusconi avrebbe definito «pessima» l’idea del compare, col che si spiegherebbe il diluvio di stroncature azzurre che si abbatte sull’Italicum rivisitato, dal Mattinale al presidente dei senatori Romani.

Renzi non la prende bene. E’ probabile che trovi modo di manifestare all’alleato-rivale il proprio disappunto. Sta di fatto che, qualche ora dopo, arriva, puntuale e particolarmente solenne, la smentita dell’ufficio stampa del gruppo. La frase incriminata, quella col giudizio definitivo sul premio alla lista, «non è stata pronunciata». Berlusconi «ha ribadito che l’accordo è quello del Nazareno. Ogni eventuale modifica deve essere discussa fra le parti». E’ di nuovo un «ni» che di fatto congela la situazione: senza il lasciapassare di Arcore don Matteo non può andare neppure alla trattativa finale col Ncd, altro contraente dell’accordo la cui firma è necessaria. Ufficialmente Alfano si è già proclamato entusiasta. In realtà ha già notificato il suo prezzo: una soglia di sbarramento non superiore al 3%, che si potrebbe anche raggiungere stabilendo che le percentuali vanno misurate non sul totale del corpo elettorale ma sul 45% lasciato alle minoranze dal premione.

Non è facile che Fi accetti, e lo stesso Renzi è pronto a contrattare. Ma per farlo deve contare sull’appoggio di Berlusconi e per ora non lo ha ottenuto. Arriverà quindi a stretto giro un’ulteriore puntata nella saga del Nazareno, il quinto incontro tra i due capibastone, ma non è detto che la quadra esca fuori da quel meeting. Al momento, infatti, il primo obiettivo del cavaliere è far slittare il varo della legge elettorale sino a quando non sarà esclusa l’eventualità di elezioni in primavera. Identico sentire anima decine di senatori, perché il dubbio che proprio le elezioni primaverili siano nelle mire di Renzi agita un po’ tutti.

Con tanti e tali frenatori, tagliare il traguardo entro il 2014 è un’ambizione poco realistica, e probabilmente nessuno lo sa meglio di Renzi. Se accelera è perché vuole che le controparti, sia Fi che l’Ncd, sentano il fiato di una possibile crisi sul collo. Ma su una cosa si può scommettere: al suo premio di lista Renzi non rinuncerà facilmente.