I sindaci del centro Italia, travolti insieme ai loro cittadini da terremoto e bufere di neve, invocano l’intervento dell’esercito.
Per quale ragione? Non certo per un rigurgito militarista ma perché si rendono conto che Protezione civile, Vigili del fuoco e Corpo forestale (fatta salva la generosità e dedizione dei volontari e del personale) non ce la possono fare di fronte ad un disastro di simili proporzioni. Forse ciò che hanno in mente è il «modello Friuli» dove, in occasione dell’esteso e devastante terremoto del1976, l’esercito fu per lungo tempo insostituibile nei soccorsi e nella rimozione delle macerie (che infatti fu rapidissima); da quella esperienza nacque poi la Protezione civile.

Ma ancora oggi la Protezione civile vive una cronica carenza di mezzi ed una capacità operativa/logistica nemmeno paragonabile a quella delle forze armate di allora. Nel frattempo abbiamo deciso di trasformare l’esercito in un costoso corpo di spedizione hi-tech impegnato a supportare le guerre statunitensi oltre confine. Per far fronte a questa funzione neocoloniale è stata organizzata la professionalizzazione della truppa e necessariamente sospesa la leva costituzionale, l’obiezione di coscienza e il servizio alternativo nei Vigili del fuoco. Il risultato è che l’esercito oggi è un’organizzazione pressoché inutile per affrontare emergenze acute come quella che abbiamo sotto gli occhi ne tantomeno è in grado di offrire un supporto logistico massiccio ed efficiente in cui inserire sinergicamente anche le altre risorse. Aggiungiamo a questo quadro desolante l’aziendalizzazione del comparto elettrico che da servizio pubblico strategico si è convertito alla massimizzazione del profitto, cessando di destinare risorse alla manutenzione nelle zone periferiche perdendo conseguentemente capacità di intervento. Ecco spiegato il disastro nel disastro e il comprensibile senso di abbandono vissuto dai sindaci e dalla popolazione colpiti.

E se scoppiasse un’altra emergenza ambientale, anche di minore livello, in un’altra regione? Considerato che il massimo dell’operatività è quella dimostrata in centro Italia le conseguenze sarebbero definitivamente catastrofiche. Senza una riforma organica che riporti l’esercito alla sua funzione costituzionale difensiva/territoriale, puntando su concrete sinergie con Protezione civile e Corpo forestale piuttosto che su capacità offensive e di proiezione, l’Italia rimarrà un paese sempre in prima fila nella belligeranza e strutturalmente incapace di difendere sé stessa dalle vere minacce alla sicurezza dei suoi cittadini: terremoti, alluvioni, incendi, dissesto idrogeologico, avvelenamento dei territori.