È grave, anzi gravissimo quanto espresso dal ministro del lavoro Giuliano Poletti sui giovani italiani che lasciano il nostro paese e vanno all’estero.

A nulla valgono le sue scuse postume e il ravvedimento, perché il sol pensiero che un ministro della Repubblica italiana possa avere sentimenti indistinti di sprezzo verso i propri cittadini è sintomo di una mancanza di rispetto che, chi non ce l’ha non può invocare né per se stesso, né per le istituzioni.

Sapesse questo signore cosa significa partire e vivere lontano appesi al fil di lana, quando i destini individuali non sono né garantiti dalle leggi, né condivisi dall’opinione pubblica, in particolare in questo inizio di secolo caratterizzato dagli esodi di massa, che coinvolgono senza sconti anche il Bel Paese. Eppure, proprio il popolo italico questa questione avrebbe dovuta metabolizzarla.

Avesse questo signore pensato alla dignità lesa che ha spinto non solo i giovani ma gran parte di noi a lasciare i nostri affetti per crearci una nuova storia. Noi che spesso abbiamo visto svanire sogni e a testa bassa abbiamo tolto il disturbo! A questi esiti eravamo vaccinati perché già durante le scuole dell’obbligo avevamo appreso a memoria uno dei canti della divina commedia di Dante Alighieri «Tu proverai sì come sa di sale, lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ’l salir per l’altrui scale».

No signor Ministro Poletti, il Consiglio generale degli italiani all’estero non accetta le sue scuse, perché le sue affermazioni sono state un fendente nell’animo di tutti noi in un giorno in cui in molti eravamo profondamente tesi e colpiti dalle notizie provenienti da Berlino per la morte della giovane Fabrizia Di Lorenzo, una dei centomila giovani a cui lei ha fatto incautamente riferimento e che rispettiamo perché cittadina italiana.

Michele Schiavone è Segretario generale Consiglio Generale degli Italiani all’estero, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale