«L’ipotesi operativa è che la slavina possa non aver raggiunto e saturato tutti i locali, che ci sia un cuore della struttura dove non sia arrivata. Se poi lì dentro possano esserci condizioni di vita, questo non lo sappiamo». Va avanti ininterrotto il lavoro dei soccorritori tra le macerie dell’Hotel Rigopiano a Farindola (Pescara). «Proseguiamo nell’esplorazione dei locali – dice Luca Cari, portavoce dei vigili del fuoco -, seguendo la speranza di trovare ancora superstiti, anche se non c’è alcuna certezza. Stiamo procedendo da stanza a stanza, stiamo aprendo varchi in muri anche da ottanta centimetri. Siamo riusciti a sfondare con un escavatore quella montagna di ghiaccio che ci impediva di far giungere i mezzi pesanti fino al complesso turistico».

Sepolta da 120.000 tonnellate di massi, pietre e neve, come 4.000 tir carichi. Il fronte di distacco della massa nevosa aveva una larghezza di 500 metri e una lunghezza di 250, con uno spessore di 2,5 metri. Questo evidenziano gli studi del servizio Meteomont dei carabinieri, che stanno esaminando dimensione e forza d’impatto della valanga che ha devastato l’albergo, sotto cui si trovano ancora in 22. Nelle scorse ore, infatti, sono stati trovati altri 2 corpi.

Attualmente sono 7 le vittime accertate (ieri è stato ritrovato il corpo di una donna), 11 sopravvissuti: tra questi ultimi 4 bambini, che stanno bene. Oggi si svolgeranno i primi funerali. Mentre ieri, nel vano caldaie, sono stati recuperati vivi tre splendidi cuccioli di pastore abruzzese. «E ciò rafforza ogni speranza…».

«Ma quel resort – denuncia il Forum Acqua Abruzzo – sorge su un letto di detriti di vecchie frane». «Per l’area del Rigopiano – spiega Augusto De Sanctis, Forum H2O – la prima mappa elaborata dalla Regione Abruzzo che segnalava criticità importanti è del periodo 1989-1991 ed è stata ripresa tal quale e, quindi, confermata dalla Giunta regionale con delibera numero 1383 del 27 dicembre 2007, con la quale è stato adottato il Piano di assetto idrogeologico. Le due carte ufficiali mostrano inequivocabilmente che l’hotel è costruito al centro di un’area con colate detritiche, dette conoidi. Sorge, cioè, su una zona rialzata formata proprio dai detriti che arrivano giù dal canalone a monte dell’albergo. Insomma al momento della ristrutturazione principale, avvenuta circa dieci anni fa, che ha ampliato le capacità ricettive e quindi il rischio intrinseco, c’erano tutti gli elementi, sia sul terreno, sia nelle carte, per accorgersi dei problemi». Che, dunque, erano noti da un pezzo».

Purtroppo, però, – fa ancora presente De Sanctis – «in questa circostanza risalta anche la gravissima omissione della Regione Abruzzo che ha elaborato una legge sulle valanghe 25 anni fa, la 47/1992, in cui si prevedeva l’inedificabilità per le aree a rischio potenziale di caduta e la chiusura invernale delle strutture in caso di pericolo. La mappa in 25 anni non è stata mai redatta».

Alcuni di questi aspetti saranno approfonditi dall’inchiesta della magistratura che ha aperto un fascicolo per omicidio plurimo e disastro colposo. Indagano il procuratore aggiunto di Pescara, Cristina Tedeschini, e il pubblico ministero Andrea Papalia. «Gli accertamenti – spiega Tedeschini – vertono sulle circostanze relative alle decisioni sull’apertura e lo stato di esercizio dell’hotel e sulla viabilità di accesso, la formazione e successiva caduta della valanga, l’allerta slavine lanciata da giorni. Siamo alle battute iniziali, non ci sono al momento scenari diversi da quelli che tutti possono immaginare». Attenzione rivolta anche alle «comunicazioni telefoniche, via whatsapp e scritte» da e verso l’albergo. «Ci sono state interferenze – dichiara – inefficacia nei flussi comunicativi, ma al momento non tutto appare rilevante». Alla domanda sul ritardo con cui sarebbero stati attivati i soccorsi dopo l’allarme lanciato da Quintino Marcella, il magistrato risponde che «disfunzioni e magari ritardi da parte della sala operativa nel recepire l’importanza di una segnalazione sono un fatto registrato. Che questa incomprensione, sottovalutazione o ritardo possa aver avuto una qualunque conseguenza causale sulla efficacia dell’azione di soccorso, è da dimostrare. Al massimo sballa un’ora. Avete visto quanto tempo ci vuole per arrivare lì».

Nel mirino poi la mail, una sorta di sos, inviata dall’Hotel Rigopiano. E’ lo scorso 18 gennaio e, dopo il succedersi di forti scosse di terremoto e di intense nevicate, l’amministratore dell’Hotel Rigopiano, Bruno Di Tommaso, invia una mail al prefetto di Pescara, al presidente della Provincia, alla polizia provinciale e al sindaco di Farindola. «Vi comunichiamo – recita il messaggio – che a causa degli ultimi eventi la situazione è diventata preoccupante. In contrada Rigopiano ci sono circa 2 metri di neve e nella nostra struttura al momento 12 camere occupate (oltre al personale). Il gasolio per alimentare il gruppo elettrogeno dovrebbe bastare fino a domani, data in cui ci auguriamo che il fornitore possa effettuare la consegna. I telefoni invece sono fuori servizio. I clienti sono terrorizzati dalle scosse e hanno deciso di restare all’aperto. Abbiamo cercato di fare il possibile per tranquillizzarli ma, non potendo ripartire a causa delle strade bloccate, sono disposti a trascorrere la notte in macchina. Con le pale e il nostro mezzo siamo riusciti a pulire il viale d’accesso, dal cancello fino alla Ss42. Consapevoli delle difficoltà generali, chiediamo di predisporre un intervento al riguardo. Certi della vostra comprensione, restiamo in attesa di un cenno di riscontro». Appello ignorato da tutti.