Due valigie-bomba sono esplose ieri davanti alle ambasciate di Arabia Saudita e Algeria a Tripoli. Le principali rappresentanze diplomatiche sono state chiuse nella capitale libica dopo l’avvio dell’operazione Dignità (Karama) di Khalifa Haftar del maggio scorso e i suoi fallimentari tentativi di riconquistare Tripoli, controllata dalle milizie Scudo di Misurata, parte del cartello islamista Fajr (Alba).

L’esplosione ha causato due feriti tra i guardiani della sicurezza diplomatica. I jihadisti dello Stato islamico (Isis) hanno rivendicato l’attentato, postando una foto su uno degli account Twitter, attribuiti ai combattenti radicali in Siria e Iraq.

Ma le violenze coinvolgono anche l’est del paese. È di quattro morti e cinque feriti il bilancio di un attentato kamikaze contro un posto di blocco dell’esercito libico nella città di Ajdabiya, a un centinaio di chilometri da Bengasi. «L’attentatore ha guidato un’auto imbottita di esplosivo contro un posto di blocco e poi si è fatto esplodere uccidendo se stesso e tre uomini dell’esercito», ha detto un portavoce dell’esercito, precisando anche che «cinque militari sono rimasti feriti» nella deflagrazione.

Mentre a Ginevra sono in corso i colloqui di pace tra le fazioni libiche con la mediazione delle Nazioni unite dopo vari rinvii. Il capo della missione UNSMIL Bernardino Leon ha incontrato i rappresentati dei due parlamenti di Tripoli e Tobruk. Esponenti del Congresso nazionale generale (Cng), che appoggia il governo di Omar al-Hassi, espressione del parlamento a maggioranza islamista, ha avvertito che non saranno tollerati ulteriori incontri con i rappresentanti del generale golpista Khalifa Haftar.

Il parlamento di Tobruk, vicino all’ex generale, è stato dichiarato illegittimo dalla Corte suprema e di fatto è sciolto. Leon ha più volte espresso l’auspicio che le fazioni armate si impegnino per un cessate il fuoco e contribuiscano alla formazione di un governo di unità nazionale. Nonostante la riluttanza degli islamisti che non avrebbero voluto prendere parte ai colloqui, molte municipalità di Tripoli si sono dette favorevoli e hanno deciso di accettare l’invito delle Nazioni Unite.