Haiti ha un presidente, il 58° nella storia della Repubblica. Si tratta di Jovenel Moise, candidato del Partito Haitiano Tek Kale (Phtk), a cui appartiene l’ex presidente Michel Martelly. Con il 55,60% dei voti, ha superato il principale avversario, Jude Celestin, della Lega Alternativa per il progresso e l’emancipazione haitiana (Lapeh), che ha totalizzato il 19,52% delle preferenze. Un risultato contestato subito dopo le elezioni del 20 novembre, arrivate dopo innumerevoli rinvii e 10 mesi di gestione ad interim del senatore Jocelerme Privert, eletto il 14 febbraio a seguito di un accordo tra il Parlamento e l’esecutivo.

Le autorità elettorali hanno riconosciuto l’esistenza di frodi, ma non le hanno ritenute tali da pregiudicare il risultato finale, che è stato ratificato. I problemi strutturali di Haiti sono però ben lungi dall’essere risolti. Il paese di Toussaint Louverture, che il 1 gennaio del 1804 è stata la prima nazione della regione latinoamericana e caraibica a ottenere l’indipendenza, è oggi irriconoscibile: vittima di catastrofi naturali e politiche, sotto tutela di una rete di interessi internazionali, sembra incapace di risorgere.

La forza militare Onu (la Minustah), invisa a gran parte della popolazione, è stata rinnovata per un altro anno, il livello di povertà e disoccupazione è il più alto del continente, e il profilo del presidente eletto per i prossimi cinque anni non promette certo la svolta necessaria: il recupero dell’economia e della sovranità nazionale, l’esodo di migliaia di cittadini, la corruzione e le devastanti conseguenze dell’uragano Matthew su buona parte del paese sono alcuni dei principali problemi che dovrà affrontare il nuovo governo.

Moise è un imprenditore del settore bananifero, che è stato presidente della Camera di commercio del nord-ovest. Assumerà l’incarico il prossimo 7 febbraio.