Può capitare che la virtualità non resti tale e si trasformi in realtà.

Succede a Silverstone, il leggendario circuito inglese, un ex-aeroporto della Raf, costruito nel 1947 nella contea di Northamptonshire. E’ il tracciato dove si svolse il primo campionato del mondo di Formula Uno.

E’ qui che si è svolta la GT Academy, la scuola di guida ad alta velocità sognata, voluta e realizzata da Kazunori Yamauchi, l’inventore dei videogame automobilistici della serie Gran Turismo e da Darren Cox, direttore della sezione Motorsport di Nissan che è sponsor con Sony.

Su quest’isola di cemento tra la campagna inglese, dove i rombi assordanti dei motori non tacciono mai e rimbombano come se un temporale fosse sempre imminente, i campioni elettronici europei del videogame per Playstation di Yamauchi, selezionati tramite numerosissime e ostiche prove online, hanno l’occasione di diventare veri piloti, di guidare concreti bolidi e poi di gareggiare uno contro l’altro. Chi vincerà parteciperà questo inverno alla 24 ore di Dubai e la sua vita cambierà per sempre, come dimostrano i campioni delle trascorse edizioni, ormai inseriti e vincenti nel mondo delle corse professionali, una carriera difficile da intraprendere, perché richiede un enorme investimento economico e non solo il talento.

Secondo Darren Cox GT Academy nasce anche per questo, soprattutto per “rivoluzionare, partendo dal videogioco, i meccanismi che portano a intraprendere l’attività di pilota, democratizzandoli e privandoli di quell’elitarietà che li ha sempre contraddistinti”.

Abbiamo vissuto gli ultimi giorni di questa ipercinetica accademia del sogno possibile fino alla sua conclusione, ma chi scrive tiene a precisare di non avere neanche la patente e di preferire camminare invece che guidare anche nei videogiochi. Ciò che conta, tuttavia non è il tecnicismo sfrenato sui dati dei mostri di tecnologia in dotazione dei giovani piloti, ma l’avventura grandiosa di chi partecipa a questa impresa.

Per ogni nazione partecipante (Italia, Francia, Inghilterra, Russia, Spagna-Portogallo, Benelux, Svezia-Polonia-Cecoslovachia) sono stati selezionati sei piloti. Per alcune settimane vengono addestrati ed educati per guidare i mostri meccanici da centinaia di cavalli con cui gareggeranno. Non si tratta solo di un allenamento automobilistico, ma anche fisico e psicologico.

Quindi c’è un training fisico fatto di ginnastica e di corsa a piedi, analisi del metabolismo e dei riflessi, prove della pista “virtuali” utilizzando la sua ricostruzione in Gran Turismo 6 e le prime vere prove sui bolidi.

Tra gli istruttori e i consulenti di GT Academy ci sono anche campioni indimenticati come Johnny Herbert, vincitore di tre Gran Premi, e Renè Arnoux, che ne ha vinti sette.

Chiediamo alla stella francese, che ha trascorso la gioventù nei pressi di Torino, a Moncalieri, e viene ricordato tra l’altro per un fenomenale duello con Gilles Villeneuve, cosa ne pensa del passaggio da una guida simulata nel videogioco a quella vera; Arnoux ci risponde che “ non è male, anzi è interessante, se si gioca prima di andare su un circuito nuovo, così si ha l’occasione di impararlo virtualmente prima di guidare davvero. Questa mi sembra l’unica vera utilità pratica del videogioco. Tuttavia per conoscere veramente un circuito bisogna proprio correre. La realtà della guida è molto diversa da quella del videogame.”

Attraverso una serie di test a cronometro e un monitoraggio delle abilità e degli atteggiamenti su pista dei piloti esordienti viene selezionato solo un giovane tra i sei di ogni nazione.

Per l’Italia vince il marchigiano Riccardo Massa, 21 anni, nato a Monte San Pietrangeli, in provincia di Ascoli.

I ragazzi che non si qualificano restano a Silverstone e nei loro occhi si coglie una tristezza incredula, sebbene vi sia la consapevolezza di come una simile esperienza possa arricchire il loro curriculum e facilitargli una carriera nel mondo automobilistico.

A Silverstone non manca Yamauchi, l’inventore del videogioco ed ex-pilota che rivela: “mi piacerebbe portare il realismo di Gran Turismo in un videogioco verista, che ci faccia vivere gli ultimi mesi di un uomo che sa di dovere morire entro poco. Raccontare le sue emozioni, decidere quali azioni fargli compiere e con quali persone fargli parlare mentre si avvicina la fine”. Non resta che sperare che Yamauchi lo realizzi davvero, una specie di “Vivere” di Kurosawa in versione video-giocosa sarebbe una meraviglia, grave, ma sempre una meraviglia.

Infine arriva il pomeriggio della gara finale tra i sette concorrenti rimasti in lizza.

Soffia un vento freddo, intenso e tempestoso che spazza la pista come un bolide invisibile. Per alcuni problemi tecnici a due vetture la corsa viene rimandata per quasi due ore e il nervosismo dei piloti aumenta.

Tra i sette già selezionati due vengono eliminati da una spietata sfida a cronometro decisa all’ultimo momento, per stabilire chi piloterà le cinque “supercar” (Nissan 370Z Nismo) rimaste disponibili. Riccardo Massa e il belga Cedric Wauters, considerati i favoriti e i più talentuosi, restano nella rosa dei concorrenti.

La volontà di vittoria di Massa tuttavia viene infranta subito dopo la partenza, nei pressi della prima curva: il portoghese Rodrigues cerca di superare subito gli avversari ma la sua automobile causa una serie di tamponamenti che spingono l’italiano fuori pista e causano danni alla vettura del belga.

Nessuno si fa male ma è davvero triste osservare dal vivo la ruota anteriore della macchina di Massa rotolare sconfitta, mentre un sogno si dissolve con le sue evoluzioni sconclusionate per lo sterrato. In un videogioco ci sarebbero state altre chance. Qui no.

Dopo otto giri dall’esito ormai scontato, vince un francese, Gaetan Paletou, sarà lui a correre alla 24 ore di Dubai fra sei mesi, che richiederanno un allenamento durissimo e continuo, ma nessun investimento economico da parte sua.

Il belga Cedric Wauters, mentre esplodono le bottiglie di champagne e il francese viene premiato da Kazunori Yamauchi e Darren Cox, sosta sconvolto davanti alla sua macchina come se fosse un cavallo ferito in un’epopea western e l’accarezza con tenerezza. Ha solo 19 anni e in quel momento l’universo per lui sta crollando. E’ l’unico che non si vergogna di piangere.

Più ottimista Riccardo Massa, che spera che la sua esperienza gli serva per cercare qualcuno che lo sponsorizzi, affinchè egli possa continuare a gareggiare. Ci racconta che “non mi sono proprio accorto di Rodrigues, la cui automobile era celata da quella del belga, che mi stava sulla destra e che osservavo, non ho fatto in tempo ad alzare gli occhi per curvare e Bum! Mi sono ritrovato fuori pista. Peccato, perché c’ero. C’ero alla grande”.

E’ il tramonto quando le macchine, quelle che nel videogioco non si rompono mai, vengono portate via con le loro cicatrici, testimoni meccanici dell’abissale differenza tra reale e virtuale.