Un calcio alle sbarre. Il caso giudiziario di Alessio Abram, testo collettivo di Spazio Comune Heval (Affinità Elettive Edizioni) è stato presentato alla Camera dei Deputati con una conferenza stampa lo scorso giovedì 24 novembre. Tra i relatori Sergio Sinigaglia e i parlamentari Daniele Farina e Lara Ricciatti, oltre a rappresentanti dell’Associazione Antigone.

Il 13 novembre 2015 Alessio Abram viene prelevato da un impianto sportivo della periferia di Ancona dai carabinieri e condotto al carcere di Monteacuto di Ancona. Deve scontare quattro anni di definitivo per 7 violazioni di Daspo, firme non messe o messe fuori orario, quando giocava l’Ancona. Dopo una sola settimana arriva un’altra condanna definitiva per lo stesso reato e così la pena da scontare sale a 5 anni e 1 mese. L’ultimo reato da stadio di Abram risale al lontano dicembre 2005. Dal 2010 al 2015 ha sì frequentato impianti sportivi e campi di pallone, ma in qualità di dirigente accompagnatore a tutte le partite in panchina della Konlassata, una delle prime squadre di calcio antirazziste nel panorama del folto panorama del calcio popolare. E questo senza mai ricevere una sanzione o procedimento disciplinare, anzi Konlassata introduce la pratica del terzo tempo e con il comportamento di tutta la società, sono molti i complimenti e gli elogi, anche pubblici, dal collegio arbitrale e dalla stessa Federazione gioco calcio nella figura del suo presidente. Da questa esperienza è nata anche una scuola calcio rivolta soprattutto a quei bambini che farebbero altrimenti fatica a frequentarne una. Molti di questi sono figli di richiedenti asilo e rifugiati, ma ci sono anche i ragazzini nati da qui da famiglie che sono in Italia da parecchi anni.

Il 15 dicembre 2015 il giudice rivede la pena di non molto, diminuendola a 3 anni e 4 mesi, sentenza che ha praticamente considerato la pena più alta di un anno e 4 mesi e poi aggiungendo altri 2 anni, non menzionando però la motivazione di tale decisione. Pertanto il 21 dicembre dello scorso anno è stato fatto il ricorso alla Cassazione per annullare e rifare l’udienza e poi presentata l’istanza di affidamento in prova al lavoro.

Il 25 maggio arriva il primo rigetto, frutto più che altro della pessima relazione redatta dalla questura. Abram si trova ora nel carcere del Barcaglione, dove è stato trasferito. Il 26 maggio, il giorno seguente, notificano ad Abram altri 5 mesi e 10 giorni per un’altra violazione al Daspo. La cosa si riferisce a quando, precisamente il 29 ottobre del 2011, si trova in panchina in qualità di dirigente accompagnatore con la sua squadra di calcio di terza categoria, Konlassata. Abram è molto attivo in questo ambito come in altre battaglie sociali. E’ vero che ha frequentato per anni la curva del Dorico, sempre che sia una colpa, ma non è solo un appassionato tifoso, è anche padre di quattro figli e soprattutto un attivista politico. Dopo questa nuova notifica sono ormai passati sei mesi e la condanna sale ancora di ulteriori 5 mesi. Così la pena totale arriva a 3 anni e nove mesi e 7 giorni, spostando il fine pena al 19 agosto 2019.

Il 4 luglio inoltra con parere favorevole della direzione del carcere istanza di permesso premio per festeggiare il compleanno del figlio Jonathan con un permesso di uscita e prepara la pratica per la richiesta di svolgere 4 ore di lavoro e 4 ore di volontariato (articolo 21) esterno, rispettivamente con la Solidalea, una cooperativa del posto che si occupa di persone affette da disabilità e la Uisp. Vorrebbe dire uscire dal carcere alle sette di mattina e tornare alle 19, da lunedì a venerdì. Il primo settembre il magistrato rigetta la domanda perché la Solidalea è una polisportiva e quindi dato che Abram sconta reati legati al mondo dello sport c’è il rischio di recidiva. Un paradosso. II lavoro di accompagnatore di ragazzi diversamente abili che dovrebbe svolgere presso la Solidalea non si spiega come potrebbe metterlo a rischio di reiterazione di un reato quando comunque sono passati più di dieci anni da quando è stato commesso. Si parla comunque di possesso di fumogeno e introduzione in curva di striscione ritenuto offensivo. Anche il permesso per festeggiare il compleanno di Jonathan fuori dal carcere viene negato insieme al rigetto della nuova istanza: il magistrato di sorveglianza non tenendo presente dell’ampia documentazione presentata e del parere molto positivo della direzione del carcere, rigetta ancora la pratica.

Il 24 ottobre scorso, dopo quasi un anno dall’istanza la Cassazione accetta il ricorso sul “continuato” e ricalcola la pena dai 5 anni e 6 mesi portandola comunque a 3 anni e 5 mesi. Ad oggi non è stata fissata l’udienza.

Il caso di Alessio non è il solo. Vedersi commutare pene amministrative in detenzione è una problematica sempre più diffusa. Casi simili si sono verificati nella stessa Ancona, dove una condanna che è stata inflitta supera i nove anni, o a Cosenza, sempre per gli stessi motivi. Vecchie vicende di curva, un paio di mancate firme e si aprono le porte del carcere. Che poi tutti questi casi, in comune, abbiano anche l’attivismo politico, è davvero una coincidenza? Daniele Farina ha evidenziato come “il Daspo sia un provvedimento abnorme e palesemente anticostituzionale. Un illecito che dovrebbe essere sanzionato amministrativamente, invece è diventato un reato penale con condanne pesanti come quella che ha portato in carcere Alessio. E’ sempre più all’ordine del giorno la necessità di una iniziativa legislativa che riequilibri la normativa oggi appiattita in un’ottica repressiva. Una impostazione che, come nel caso in questione, tende a colpire anche persone impegnate politicamente”.