Ogni scienziato in possesso di una casella di posta elettronica ne ha ricevuto almeno uno. Sono messaggi strani, inattesi che si inseriscono nel flusso delle comunicazioni di lavoro. Nel mio caso – sono un fisico delle particelle che lavora a uno degli esperimenti del CERN di Ginevra – suonano spesso così:
«Ho seri motivi per ritenere che gli esperimenti in corso al CERN non potranno fornire i risultati sperati, se non si terrà nel debito conto la mia teoria. So bene che tale sconcertante previsione susciterà sarcastici commenti: ne riparleremo dopo che saranno resi noti i risultati deludenti degli esperimenti. Non vi può essere alternativa al giusto.»

Fino a qualche tempo fa, simili messaggi erano accompagnati da relativo documento dedicato a descrivere la teoria sostenuta. In tempi più recenti, la discussione dei dettagli è spesso delegata al sito web dell’autore. Non senza una certa ironia, il World Wide Web, inventato al CERN venticinque anni fa per lo scambio di informazioni tra gli scienziati, permette oggi (anche) la disseminazione delle teorie pseudo-scientifiche più audaci. Fonti di energia gratuite perenni, modelli della gravità che promettono facili viaggi interstellari, teorie delle particelle elementari basate su coincidenze numeriche: ce n’è davvero per tutti i gusti.

La risposta dello scienziato alla teoria strampalata è, solitamente, il silenzio e i messaggi finiscono direttamente nel cestino. Nel caso improbabile ci si senta in vena di interagire, le risposte si limitano a blande prese in giro. La maggior parte di queste teorie è infatti talmente lontana da qualcosa che rispetti il rigore, le procedure e il linguaggio della scienza, che reagire con sarcasmo è forse sin troppo facile.

Qualche anno fa John C. Baez, un fisico-matematico dell’Università della California di Riverside (UCR), ha scritto un compendio intitolato «L’Indice delle Teorie Squinternate» (The Crackpot Index), da usarsi per riconoscere al volo le bufale. L’indice assegna un punteggio alle teorie pseudo-scientifiche, a seconda della presenza o meno di certe caratteristiche: per esempio, 5 punti per ogni menzione di Einstein, Hawkins o Feynmann (gli autori amano paragonarsi ai giganti della scienza); 10 punti per ogni affermazione del tipo «non sono buono in matematica, ma la mia teoria è concettualmente corretta» (le bufale non hanno mai una struttura matematica solida); 50 punti se si sostiene di avere nel cassetto una «teoria rivoluzionaria» senza fare alcuna predizione verificabile (relegando dunque il metodo scientifico a nozione accessoria).

L’Indice delle Teorie Squinternate è un divertente compendio delle caratteristiche della pseudo-scienza. E riderci sopra è, spesso, il solo modo con cui noi scienziati sappiano relazionarci con i personaggi che ne sono portavoce. Di recente, però, Sabine Hossenfelder, fisica teorica all’Institute for Advanced Studies di Francoforte e autrice di un blog scientifico molto seguito, ha tentato un approccio diverso, proponendosi agli autori di potenziali nuove teorie «rivoluzionarie» come consulente a pagamento. Dalle sue conversazioni con i sostenitori di teorie scientifiche «indipendenti», la Hossenfelder ha ricavato una serie di elementi interessanti.

In genere, ad esempio, gli autori di Teorie Squinternate hanno appreso il poco sapere scientifico di cui dotati da semplici testi di divulgazione. Hanno pertanto spesso un’idea distorta di come si costruisca una teoria scientifica, ignorano il linguaggio e gli strumenti della ricerca, attribuendo invece un’importanza sproporzionata alle metafore utilizzate dalla divulgazione. La scienza raccontata dalla divulgazione sembra loro facile e intuitiva, e trasmette l’illusione che tutti (loro in primis) possano contribuirvi, con la sola immaginazione.
Noi scienziati abbiamo dunque un po’ di autocritica da fare. È troppo facile ridere delle teorie squinternate che affollano la rete, se non siamo capaci di comunicare non solo il fascino della scienza, ma anche, con chiarezza e rigore, la necessità imprescindibile del suo linguaggio e dei metodi che le sono propri.