«La Linke in Germania appoggia con tutte le forze Alexis Tsipras nel suo tentativo di ottenere nuovamente la maggioranza per un governo di sinistra». È il passaggio-chiave del comunicato diffuso ieri dai vertici del principale partito di opposizione tedesco. Nessun dubbio: la Linke è al fianco del leader di Syriza. «Solo con un forte governo di sinistra c’è la garanzia che si utilizzino gli spazi di manovra all’interno del “pacchetto del ricatto” europeo per far pagare finalmente i ricchi», continua la nota firmata da Bernd Riexinger e Katja Kipping (segretari), e da Gregor Gysi (capogruppo al Bundestag). In cui si evidenzia anche la chance di «lottare contro corruzione ed evasione fiscale, e aprire ulteriori possibilità di sviluppo sociale ed economico del Paese all’interno dell’Eurozona».
Ma non tutto il partito è davvero su questa linea. La mossa di Tsipras ha rianimato un dibattito mai veramente sopito all’interno della sinistra tedesca: quello sul futuro dell’euro e dell’Unione europea. La corrente più radicale è tornata a mettere in discussione la moneta unica: «L’euro non funziona, genera sempre maggiori squilibri economici, come mostra in modo drammatico la Grecia», ha dichiarato ieri Sahra Wagenknecht al quotidiano Die Welt. La carismatica Wagenknecht ha dietro di sé un considerevole seguito e da ottobre sostituirà Gysi al vertice del gruppo parlamentare. Non da sola, ma insieme al «moderato» Dietmar Bartsch: una diarchia che si preannuncia non priva di turbolenze.

«A sinistra dobbiamo cominciare un confronto vero su quali spazi per una politica antiliberista esistano realmente nell’ambito dell’euro», incalza la leader dei «radicali» della Linke. La sua conclusione è implicita ma evidente: non esiste nessuno spazio. Ed è quello che a chiare lettere scrive, in un intervento apparso ieri sul sito del giornale del partito (Neues Deutschland), Ralf Krämer, portavoce della corrente che fa riferimento a Wagenknecht (Sozialistische Linke). Tesi analoghe a quelle sostenute dall’economista Martin Höppner, fautore del ritorno allo Sme (il sistema monetario europeo vigente fino all’introduzione dell’euro), ma soprattutto dal «padre nobile» Oskar Lafontaine. Il portavoce della Sozialistische Linke, in realtà, si spinge oltre: «Bisogna cominciare a delegittimare l’Ue in quanto tale». Senza paura di essere confusi con la destra, perché «le nostre critiche hanno orientamenti valoriali e obiettivi politici radicalmente differenti».
Sicuramente la discussione si intensificherà. Alle parole degli esponenti della sinistra interna hanno risposto già ieri a stretto giro sia Gysi («No a un ritorno ai vecchi stati-nazione»), sia il co-segretario Riexinger, che pure è vicino alla Sozialistische Linke: «È vero che in questo momento l’euro danneggia i Paesi più deboli, ma noi lottiamo per una politica diversa, non per la fine della moneta unica». Se in Germania aumentassero salari e investimenti, e diminuisse l’export, verrebbero meno gli effetti negativi dell’euro: questo il ragionamento di Riexinger.
La vicenda greca è ovviamente seguita con attenzione in Spagna, il paese che può davvero diventare il granello di sabbia nell’ingranaggio dell’austerità europea. Nella penisola iberica sanno che colpire Tsipras serviva ad Angela Merkel per mandare un messaggio in vista del voto di autunno: «Rassegnatevi, non c’è alternativa all’austerità». Non a caso, ora il Partido popular del premier Mariano Rajoy prova ad approfittare delle difficoltà della sinistra greca: «Il fallimento di Tsipras è il modello di Podemos», attaccava ieri il vicesegretario Pablo Casado. La formazione di Pablo Iglesias non si fa mettere all’angolo e reagisce senza rinnegare il legame con Syriza: «Restituendo la parola agli elettori Tsipras ha dato una lezione di coraggio, responsabilità e di fiducia nel suo popolo» ha dichiarato ieri in un’attesa conferenza stampa il numero due Íñigo Errejón.

Il gruppo dirigente di Podemos sostiene dunque la scelta del leader ellenico, evidenziando «la crescente fiducia» di cui gode in patria, e sottolineando che le inevitabili difficoltà nel fare fronte ai potenti d’Europa non devono far perdere di vista il dato principale: «Lo scontro in atto è fra l’élite finanziaria e la Grecia, e noi stiamo con la Grecia». Come nella Linke, anche in Podemos ci sono però voci discordanti. Oltre al co-fondatore e «coscienza critica» del partito, Juan Carlos Monedero, a mostrare poca comprensione verso il leader greco è la segretaria andalusa Teresa Rodríguez, punto di riferimento dell’opposizione interna (di sinistra): «Mi terrorizza l’idea che a Podemos possano tremare le gambe com’è accaduto a Tsipras». Affermazioni poi rettificate sul suo profilo facebook: «Quel che mi terrorizza è che la Troika diventi un sicario al soldo delle banche».