Da gennaio slitterà dal primo al 10 di ogni mese il pagamento delle pensioni. La norma è già nella legge di stabilità. E di fronte alle immediate proteste dei sindacati dei pensionati e delle associazioni dei consumatori, mentre il governo resta silenziosissimo, l’unica voce avvertita è quella dell’Inps. L’istituto nazionale di previdenza si dice pronto ad applicare il provvedimento «con gradualità», nel tentativo di arginare un’arrabbiatura che aumenta di ora in ora.

Sottolineando poi che in questo modo si risparmierebbero, ogni anno, sei milioni di euro. Addirittura.

Inserito nel capitolo che riguarda le «riduzioni spese ed interventi correttivi del ministero del Lavoro», il ritardo di dieci giorni nel pagamento delle pensioni è inquadrato sotto la voce «commissioni bancarie».
Ed ecco il testo: «Al fine di razionalizzare e uniformare le procedure e i tempi di pagamento delle prestazioni previdenziali corrisposte dall’Inps, i trattamenti pensionistici, gli assegni, le pensioni e le indennità di accompagnamento erogate agli invalidi civili, nonché le rendite vitalizie dell’Inail, sono poste in pagamento il giorno 10 di ciascun mese o il giorno successivo se festivo o non bancabile, con un unico pagamento, ove non esistono cause ostative, nei confronti dei beneficiari di più trattamenti».

Oltre al «faraonico» risparmio per le casse statali, l’unica spiegazione data è quella relativa all’unificazione dei pagamenti fra le 800mila persone che hanno pensioni sia Inps che Inpdap (oggi pagate il 16 del mese) e tutti gli altri pensionati. Che sono almeno 15 milioni. Compresi i due milioni che hanno una pensione inferiore ai 500 euro, e che hanno un enorme bisogno (al pari degli altri quattro milioni che prendono meno di 1.000) di avere i loro soldi il prima possibile.

Va da sé che alla immediata presa di posizione degli infuriati Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil, i cui segretari generali Carla Cantone (vedi intervista sotto), Gigi Bonfanti e Romano Bellissima rappresentano sei milioni di iscritti ai sindacati confederali, nel corso della giornata se ne aggiungono molte altre. Come quella di Daniele Barbieri del sindacato degli inquilini Sunia: «Anche se per gli affitti c’è una tolleranza di venti giorni prima di essere considerati morosi, per un pensionato ricevere la pensione il 10 del mese significa non poter pagare in tempo tutte le utenze (elettricità, telefoni, gas ecc). Ancora più pesante sarà non poter pagare la rata del mutuo della propria casa o di quella dei figli. In questi casi si diventa morosi e, nel caso del mutuo, il conto può andare in rosso con drammatici effetti sui pagamenti di interessi e sanzioni. Si tratta, ancora, di una disposizione della quale non si sono valutati gli effetti reali».

La domanda di tutti è resa esplicita dalla nuova numero uno della Cisl: «Sarebbe stato più logico – osserva Annamaria Furlan – scegliere di pagare tutte le pensioni il primo del mese, in modo da armonizzare i pagamenti. Per questo vorremmo capire qual è la ratio di questo provvedimento che rappresenta l’ennesima beffa per i pensionati».

A una voce Federconsumatori, Adusbef e Adiconsum ricordano: «Si colpiscono le famiglie, che spesso creano welfare familiare grazie alle pensioni dei loro anziani, che sostengono la mancanza di lavoro di figli e nipoti». «Gli anziani hanno ricostruito questo paese dopo la guerra – chiude Paolo Ferrero del Prc – meritano rispetto, e non provvedimenti insultanti che si sommano ai tagli della sanità e dei servizi».