C’erano un silenzio e un’assenza che colpivano nelle ultime settimane di concitate trattative Grecia-Europa: il silenzio e l’assenza degli Stati uniti. E la telefonata di Obama alla Merkel, non aveva alterato la percezione.

Colpiva la differenza con altri momenti critici. Nel 2011 come nel 2012, il ministro del Tesoro Usa era venuto in Europa per ottenere dalla Merkel il lasciapassare per la linea d’intervento di Draghi, nuovo Presidente della Bce, sulla crisi dei debiti sovrani europei. Di fronte a quell’attivismo, anche abbastanza esibito, colpiva il profilo basso degli Usa nella crisi greca odierna, nonostante i suoi potenziali esiti catastrofici.

Più di un anno fa, infatti, il colpo di stato di Euro-Majdan aveva aperto un confronto Usa-Russia di una durezza mai vista dai tempi della guerra fredda. Appariva evidente, allora, che il rovesciamento di un governo comunque neutrale nei confronti della Russia, dando un colpo gravissimo alla credibilità di Putin, avrebbe potuto preludere a un attacco a Putin direttamente sul territorio russo.

Oggi, quell’iniziativa politica in Ucraina appare un disastro. Il referendum in Crimea, la guerriglia nell’Est, hanno messo a nudo tutto l’avventurismo di quell’iniziativa e la debolezza del governo installato a Kiev. La caduta verticale del Pil, l’inflazione, insolvenza del paese, rendono la situazione rischiosissima.

In questa situazione l’ultima cosa che ci si aspettava è che gli Usa rimanessero inerti di fronte a un precipitare della rottura tra Grecia e Europa che, oltre ai pericoli economici di un Grexit, platealmente sottovalutati dalla dirigenza europea, potesse aprire uno scenario di un’intesa tra la Russia e Grecia, con esiti imprevedibili, che potevano giungere fino alla crisi del fianco Est della Nato.

Non si riusciva a capire le ragioni di quest’apparente autonomia data ai dirigenti europei su un teatro geo-politico che toccava invece vitali interessi statunitensi. Ma la lettera del Congresso alla signora Lagarde ha svelato l’arcano. In realtà gli Usa avevano confidato proprio a lei la gestione della crisi in modo tale da forzare a un accordo. Accordo che necessariamente avrebbe dovuto partire dall’insostenibilità del debito greco, come riconosciuto allo stesso Fmi nel suo ultimo rapporto. Quindi ristrutturazione con riduzione dello stesso debito. Ma che avrebbe anche necessariamente dovuto ridurre le pretese di una politica di austerità, notoriamente motivata dalle esigenze del servizio del debito.

Questa clamorosa denuncia del Congresso americano apre scenari imprevedibili. La Lagarde verrà sfiduciata ufficialmente dagli Usa? Se l’esito del referendum riaprisse le trattative, quale sarà adesso il ruolo del Fmi? La mossa del referendum, per quanto necessaria, è stata rischiosissima, data l’imprevedibilità del risultato. Ma ci fa capire anche come Tsipras e Varoufakis avessero il polso di un quadro geo-strategico mondiale più dei dirigenti europei, persi nella loro ostina–zione punitiva nei confronti della Grecia.