Dunque ieri il Parlamento ha approvato l’intervento pubblico di salvataggio del sistema bancario nazionale per un ammontare di 20 miliardi. Si tratta di un’ennesima sconfitta del governo Renzi-Padoan-Gentiloni sul terreno finanziario, dopo una serie di rovesci che hanno riempito in questi mesi le pagine dei giornali.

Il governo si era mostrato del tutto riluttante a fare una mossa che doveva invece essere posta in essere già da molto tempo, in presenza di un sistema bancario palesemente incapace di fare da solo rispetto ai tanti punti di crisi. La repulsione verso tutto ciò che è intervento pubblico nei membri del governo Renzi ha dovuto arrendersi di fronte alla realtà, ma lo ha fatto soltanto all’ultimo minuto ed in condizioni più precarie che se la mossa fosse stata preparata con calma.

La decisione arriva in un momento drammatico per il Monte dei Paschi.

Si è appreso da poche ore che l’ipotesi di un aumento di capitale solo privato è sostanzialmente fallito, avendo l’iniziativa di conversione dei bond subordinati raccolto in totale, a quanto sembra, solo circa 1,7 miliardi di euro, di fronte a necessità di nuovo capitale per almeno cinque. Va sottolineato che dallo scoppio della crisi ad oggi l’istituto senese ha bruciato 8 miliardi di aumenti.

Sempre ieri l’istituto ha annunciato di avere liquidità soltanto per quattro mesi (poco tempo prima si parlava invece di undici), in relazione anche al fatto che nel corso dell’anno la banca ha dovuto registrare rilevanti ritiri di depositi da parte della clientela; se i prelievi continuassero, le liquidità si restringerebbero ulteriormente. Ricordiamo anche che la banca ha visto il valore del titolo ridursi di quasi il 90% nel corso del 2016.

Intanto non appare del tutto chiaro come si riuscirà a chiudere entro la fine di dicembre la partita dei crediti inesigibili; ma le prossime ore sveleranno forse il mistero.

Vogliamo ricordare che Renzi qualche mese fa aveva dato il salvataggio privato dell’istituto come cosa fatta, avendo mobilitato a tale fine e con grande fanfara il fior fiore della finanza internazionale, sottola guida degli amici di JPMorgan.

Ma in realtà nessun attore importante è voluto intervenire nella partita, a cominciare dal Qatar che veniva dato come largamente acquisito alla causa. L’intervento del governo dovrebbe anche riuscire a coprire i buchi di capitale delle due banche venete; per i due istituti, che stanno varando la fusione, occorreranno almeno altri due miliardi.

Ci sono poi la Carige e le quattro magnifiche di provincia (Etruria, Marche, Cariferrara, Carichieti) per altri 3 miliardi circa, più altri istituti minori.

Quindi, per il momento, l’importo stanziato sembrerebbe sufficiente alla bisogna.

Ma bisogna considerare che il totale dei crediti in sofferenza e di quelli incagliati del sistema ammonta a 350 miliardi circa e che le ultime stime relative alle necessità finanziarie per coprire il buco, al netto dei fondi già stanziati e dei presumibili realizzi, si aggirano almeno intorno ai 60 miliardi. Quindi l’intervento attuale appare del tutto inadeguato, con il tempo, a risanare la situazione.

Ricordiamo poi che fra poco il Comitato di Basilea, che sta discutendo del tema relativo alla capitalizzazione delle banche, emetterà la sua sentenza, ciò che potrebbe comportare l’esborso da parte delle banche italiane di qualche decina di miliardi ulteriori, sia pure nell’arco di diversi anni.

Lo stanziamento dei 20 miliardi deve essere approvato da Bruxelles e da Francoforte, che imporranno delle contropartite.

Intanto i 20 miliardi avranno un impatto di rilievo sul debito pubblico e sul servizio degli interessi sullo stesso. Tra l’altro, l’ipotesi di riduzione dell’incidenza dello stesso debito sul Pil salta ancora una volta. Bisognerà vedere come si chiuderà l’accordo sulle possibili perdite dei piccoli obbligazionisti che possiedono titoli subordinati e che vengono stimati essere all’incirca 40.000, un piccolo esercito. La Germania veglia in armi su tutta la partita.