Esiste un gigantesco cartello a livello internazionale che sta rubando il futuro agli operai della Sapa di Fossanova, in provincia di Latina e non solo. Un «trust» gestito da poche multinazionali che sostanzialmente ha mano libera sul mercato globale dell’alluminio. Un mercato che nonostante la crisi in corso è costantemente in crescita, in particolare con la richiesta di estruso di alta qualità. Contemporaneamente alla decisione di chiudere lo stabilimento laziale, infatti, la stessa Sapa nelle settimane scorse ha annunciato di voler raddoppiare, con una joint venture, la capacità produttiva di un suo impianto in Vietnam, nella capitale Ho Chi Minh. La prima coincidenza vuole che il raddoppio produttivo avverrà con una seconda pressa di estrusione per fabbricare profilati utilizzabili nell’edilizia: grosso modo la stessa linea produttiva istallata a Fossanova. L’inizio dei lavori per l’ampliamento dell’impianto già esistente è previsto per metà del 2015 ed entro un anno dovrebbero iniziare le operazioni di stampa.

Sapa è un’impresa comune controllata fino al 2007 dai gruppi Orkla (norvegese) e l’americana Alcoa (precedente proprietaria dello stabilimento), che ne detenevano rispettivamente il 54% e il 46%. All’epoca la società aveva sede in Svezia, quindi in territorio comunitario. Nel 2008 i due colossi hanno scambiato i loro pacchetti azionari detenuti congiuntamente anche in altre società. La Sapa in seguito a questo traffico di azioni è rimasta sotto il controllo congiunto (50% ciascuna) di Orkla e Norsk Hydro. Quest’ultimo gruppo norvegese è uno dei colossi mondiali nell’estrazione della bauxtite, dalla quale si ricava l’alluminio, e possiede un altro stabilimento per la lavorazione di questo metallo in provincia di Latina. Si tratta della Hydro Slim di Cisterna, attiva fin dal 1964 grazie ai fondi per Cassa per il Mezzogiorno ed acquisita all’inizio del 2002 attraverso l’incorporazione della tedesca Vaw Aluminium; società quest’ultima che appena due anni prima aveva acquistato la Eurofoil (attiva nella lavorazione dell’alluminio in Belgio e Lussemburgo) proprio da Sapa.

La seconda coincidenza vuole che a seguito degli accordi tra Alcoa e Orkla la sede di Sapa sia stata trasferita ad Oslo, capitale della Norvegia. Nazione che non appartiene all’Unione Europea e tra i maggiori produttori mondiali di alluminio (insieme a Canada, USA, Russia, Cina, Australia e Brasile). Il trasferimento è il frutto di una strategia industriale precisa che mira a superare i dazi doganali europei imposti su gran parte del metallo lavorato all’interno dell’Ue. Questi ultimi sono responsabili, insieme ai costi energetici, della consistente perdita di competitività della relativa produzione industriale. La Alcoa, rilevando le quote di Orkla, ha acquisito il controllo al 100% della Elkem Aluminium, guarda caso un altro produttore norvegese con una capacità produttiva di 282mila tonnellate annue di prodotto semilavorato. In tal modo Alcoa è tornata ad essere il maggior produttore mondiale di alluminio con 4,7 milioni di tonnellate all’anno, mentre al secondo posto figurerebbe il gruppo russo Rusal con 4,2 milioni di tonnellate. Il condizionale è d’obbligo perché un procedimento dell’Antitrust ci dice che almeno nel settore di semilavorati di alluminio anche quest’altra società, presunta concorrente, è controllata dalla stessa Alcoa. In sostanza, il colosso norvegese e quello americano sono una sorta di croupier del tavolo da gioco sul quale si sta svolgendo la partita a livello globale. Un gioco pericoloso dove proprio Sapa, dopo aver rilevato lo stabilimento pontino da Alcoa, tiene le sue carte ben coperte agli occhi dei suoi interlocutori: lavoratori e sindacati in testa. Qui sta la terza e più importante coincidenza.

La chiusura dello stabilimento Sapa Profili Srl di Fossanova ufficialmente è stata motivata con la necessità di potenziare l’impianto di Feltre, in provincia di Belluno. La Sapa Profili Srl fino a marzo di quest’anno possedeva un terzo stabilimento a Bolzano, anche se ufficialmente ceduto ad un’anonima società di investimenti, la Almax Invest Srl di Bassano del Grappa (provincia di Vicenza). La Almax ha come oggetto sociale «locazione immobiliare di beni propri o in leasing». Apparentemente c’entra con l’alluminio come i cavoli a merenda; in realtà il suo titolare, Pierluigi Cortese, è amministratore unico della Forgialluminio Tre che ha sede a sua volta in Provincia di Belluno e precisamente nel Comune di Padavena, a circa un chilometro in linea d’aria dallo stabilimento Sapa Profili Srl di Feltre. Nello stesso Comune di Padavena e nella stessa strada inoltre si trova la Forgialluminio Piave Spa, che si occupa di produzione e commercializzazione dell’alluminio. Dunque nello spazio di poche centinaia di metri c’è una concentrazione di impianti che hanno la stessa vocazione produttiva e che in qualche modo sono collegati tra di loro. Una volta acquisito dalla Sapa Profili lo stabilimento di Bolzano, la Almax Invest lo ha conferito alla Alluminium Bozen controllata al 100% dalla stessa Sapa.

Si tratterebbe quindi di un vorticoso giro di scatole cinesi allestito all’ombra di un gigantesco cartello internazionale dove le stesse multinazionali (quasi tutte con sede nei paradisi fiscali) cuciono e disfano i destini di migliaia di lavoratori a loro piacimento. Un cartello che i signori Antonio Catricalà e Giuseppe Pitruzzella (precedente e attuale Presidente dell’Antitrust) proprio non riescono a vedere.

La Fiom invece ci vuole vedere chiaro. Anche per questo non ha accettato le proposte economiche avanzate dalla Società in sede di trattativa nei vari tavoli istituzionali e continua a sostenere i lavoratori in presidio permanente nello stabilimento di Fossanova dal 7 luglio scorso. Tiziano Maronna, segretario Fiom della provincia di Latina: «La Holding non ha mai presentato un piano di riorganizzazione e/o di ristrutturazione fin dai tempi dell’annuncio della fusione con Hydro del 2012.

Un comportamento che ci ha insospettito da subito. Dagli elementi che stanno emergendo riferiti alla Sapa, insieme al mantenimento degli impegni assunti al Ministero dello Sviluppo Economico e dal Ministro Poletti finalizzati alla risoluzione della vertenza, è necessario un immediato e urgente intervento del Governo per fare luce sulla vicenda societaria». La battaglia, l’indagine e la denuncia dunque continuano per la tutela di tutti gli operai che rischiano di perdere il lavoro, mentre industriali e finanzieri giocano a far finta di farsi concorrenza e ad annunciare crisi poco credibili.