Giocarsi tutto. O la va o la spacca. Se fosse una partita di Texas Hol’dem, il poker texano, si direbbe “All-In”: il fatidico momento in cui il giocatore mette sul piatto tutto quello che gli è rimasto in mano. Questa è l’Italia che oggi sfiderà l’Irlanda all’Olympic Park di Londra (Skysport, 17.45).

La posta in palio è la qualificazione ai quarti di finale della coppa del mondo di rugby. Con una sconfitta, la seconda dopo il 10-32 rimediato all’esordio contro la Francia, gli azzurri sarebbero fuori. E’ una situazione disperata, quella della nostra nazionale, in un girone di qualificazione che già si sapeva difficile e che si è via via complicato, soprattutto per demerito della squadra azzurra.

I fatti. Brutta sconfitta con la Francia, con la mischia che collassa e un tasso di indisciplina che costa caro. Vittoria sofferta (23-18) e anche un po’ immeritata contro il Canada: più di trenta placcaggi mancati e maglie rosse che sembravano quelle del Galles per come sgusciavano tra le linee della difesa azzurra. Inoltre: poche idee in fase di attacco, scarsa aggressività nei punti di incontro, pack in sofferenza. A peggiorare le cose, gli infortuni: Haimona e Morisi out già nel pre-mondiale, Sergio Parisse in infermeria, Andrea Masi uscito di scena nel match con la Francia. Si fa ricorso alle riserve, spesso inesperte.

Uno alla volta, tutti i punti di forza dell’Italia sono venuti meno. La mischia soffre più del dovuto e i suoi leader marcano visita. Oggi Brunel rischia Sergio Parisse, il capitano e l’uomo di maggior classe del rugby azzurro, operato a un polpaccio soltanto tre settimane fa, ma nel frattempo si è fatto male il vice-capitano Leonardo Ghiraldini, mentre il rendimento di Zanni e Castrogiovanni è talmente sotto alle aspettative da sconsigliarne l’utilizzo (il primo va in panchina e il secondo in tribuna). La vecchia guardia, che per molti anni ha retto la baracca, è stanca e logorata.

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Questo è lo stato delle cose e ci vorrebbe un miracolo per uscire vincitori dall’Olympic Park. Ma nel rugby i miracoli sono un’eccezione alla regola: bisogna che il favorito prenda sotto gamba l’impegno e giochi malissimo, e che lo sfavorito azzecchi la partita perfetta. L’Irlanda finora non ha sbagliato nulla: prima ha strapazzato i canadesi, poi ha agevolmente battuto i rumeni e si è presa tutti i punti a disposizione, bonus compresi. L’ultimo aggiornamento del ranking – poco più che un’istantanea – dà gli irlandesi al quarto posto nella classifica mondiale. Inoltre ha vinto gli ultimi due Sei Nazioni.

Sulla carta non c’è partita. Non ci sono punti deboli nella squadra irlandese. Il pack è fortissimo. La mediana Murray-Sexton è una delle migliori del mondo. I trequarti sono tutti talentuosi e capaci di suonare tutti gli spartiti a disposizione. La panchina desta invidia. Le soluzioni di gioco variano talmente tanto da mettere in difficoltà qualunque squadra. L’Irlanda è questa e per molti aspetti è oggi l’unica squadra a poter rivaleggiare con le grandi dell’emisfero Sud.

L’ultima sfida con gli azzurri si è disputata a Roma nel febbraio scorso ed è finita 3-26 per gli uomini in verde. In quel match mai l’Italia è riuscita ad avvicinarsi all’avversario, ed era comunque un’Italia più in forma di oggi. Il rischio è che domenica prossima, quando andranno a Exeter, nel piccolo Sandy Park, per sfidare una coriacea Romania nell’ultimo match in programma, gli azzurri si ritrovino a dover difendere non solo il terzo posto nel girone (che garantisce la qualificazione automatica alla prossima coppa del mondo) ma anche una posizione nel ranking mondiale che si fa sempre più precaria. Un ulteriore scivolamento verso il basso rilancerebbe le ambizioni di alte squadre – Georgia in primis – per un futuro posto nel Sei Nazioni. Pessima prospettiva.

Le formazioni in campo: Italia: McLean; Sarto, Campagnaro, Garcia, Venditti; Allan, Gori; Parisse, Favaro, Minto; Furno, Geldenhuis; Cittadini, Manici, Aguero. Irlanda: Zebo; Bowe, Earls, Henshaw, Kearney; Sexton. Murray; Heaslip, O’Brien, O’Mahony; O’Connell, Henderson; Ross, Best, MacGrath.