Il 26 ottobre dello scorso anno oltre 44mila italiani hanno effettuato delle riprese che hanno poi inviato a Gabriele Salvatores per realizzare Italy in a Day. Alla fine sono stati 632 i video utilizzati per il montaggio finale, alla Mostra fuori concorso, in attesa di una presentazione in sala il 23 settembre e della messa in onda in prima serata su Raitre il 27.

Un film collettivo quindi che rende l’immagine dell’Italia di oggi «un paese che soffre, ma con dignità» dichiara Salvatores commentando il film come «un diario emotivo, un censimento di emozioni». Già perché c’è di tutto, meglio ci sono tante storie condensate. C’è la signora che studia cinese perché convinta che i suoi figli finiranno migranti in Cina per fare i badanti, chi rimpiange per non sentirsi più utilizzato dalla società, c’è la mamma anziana che non ricorda più neppure il nome del figlio ma lo ritiene un angelo e lo bacia, ci sono richieste di matrimonio, annunci di maternità, c’è l’astronauta italiano nella navicella, e chi viaggia su una nave cargo, chi ama girare nella città deserta di notte, chi balla, chi canta O sole mio, chi è in carcere, chi è in ospedale medico o paziente.

Si sorride, talvolta si ride, in altri momenti affiora il magone per questo paese sofferente. Un bombardamento di emozioni che arrivano magnificamente a segno e alcune persone in pochi secondi si rivelano bellissimi personaggi. Ma c’è anche il non visto perché eliminato in montaggio. Aggiunge infatti Salvatores «tanti hanno interpretato la cosa un po’ come se fosse una seduta di psicanalisi, ho dovuto eliminare tantissimi video perché si rivolgevano direttamente a me addirittura chiamandomi Gabriele e raccontandomi cose personali come fosse una confessione laica collettiva. Una grande responsabilità ricevere questi messaggi nella bottiglia, ci voleva attenzione, rispetto ma anche coscienza del proprio ruolo per raccontare la ’tua’ storia anche se con le parole degli altri».

La scelta fatta da Salvatores con i suoi montatori Massimo Fiocchi e Chiara Griziotti (supportati nella selezione iniziale da una cinquantina di studenti, perché avevano tra le mani 2200 ore di materiale) è stata quella di privilegiare il racconto umano legato alle persone, scandito dalle 24 ore della giornata. Alcuni video sono stati in qualche modo «sollecitati» perché altrimenti non avrebbero potuto esistere.

Dalle riprese dell’astronauta a quelle negli ospedali (che richiedevano autorizzazioni preventive) a quelle delle carceri per cui oltre a chiedere l’autorizzazione hanno fornito le telecamere ai reclusi lasciandoli poi peraltro liberi di riprendere quel che a loro sembrava opportuno. L’idea di Italy in a day è stata di Lorenzo Gangarossa di Indiana Production (che ha seguito anche tutto il complicatissimo iter burocratico dei permessi e delle liberatorie) che ha prodotto il film con Rai Cinema in associazione con Scott Free, perché l’idea originale è di Ridley Scott. Il paese che Mussolini raccontava composto da santi, poeti e navigatori è diventato ora altro da sé, un’Italia.2, un paese, se non proprio di cineasti, almeno di operatori, perché bisogna riconoscere che, alla fine, il risultato ha una sua omogeneità e compattezza, nonostante le centinaia di mani, di occhi e strumenti sempre diversi.

Anzi, scherza Gabriele «se mai dovessimo rifare un esperimento di questo tipo invito quanti fanno riprese soprattutto col telefonino a farle orizzontali». Il problema, ovviamente, è tutto nel montaggio, nella fluidità del racconto composto da tanti tasselli, spesso slegati tra loro, un po’ come se si costruisse un mosaico con tante piccole tessere colorate e in movimento, che è poi l’immagine suggestiva e conclusiva del film, prima di ringraziare tutti i partecipanti in particolare Margherita Hack che era stata testimonial per sollecitare a partecipare al progetto, nel frattempo è scomparsa «è tornata a essere un puntino luminoso di energia» sottolinea il regista, contraltare forse all’energia prepotente dell’Etna in piena attività proprio il 26 ottobre 2013.