zombieband

E se lo zombie di Luigi Tenco formasse una band assieme agli zombies di Sid Vicious, Kurt Cobain, Ian Curtis, e a tutti gli altri martiri del rock, per ritornare a Sanremo e prendersi la rivincita sul mondo dei vivi? È la trama che anima il nuovo romanzo di Gianni Miraglia, Ritornello al futuro (Baldini&Castoldi, euro 14, pp. 152). Un libro surreale, insolito, forse un po’ frivolo, ma senza dubbio dal flow narrativo tagliente e deciso, in cui l’autore si diverte a mescolare le carte, a sovrapporre i ruoli, in una storia dove gli stravolgimenti metaforici si accumulano in maniera caotica e irriverente. Dentro al frullatore c’è di tutto: dall’isterica seduttrice Laura Pausini che coglie ogni occasione per mostrare le proprie nudità e alimentare il suo egocentrismo, a Gasparri che taglia i ponti con il suo triste passato politico e che grazie alla musica scopre un nuovo amore per la vita (non dopo aver adottato il nome d’arte di Billy Laido).

C’è perfino Gino Strada, che sposa la causa rivoluzionaria di Luigi Tenco e della sua band («The Dead Pertinis») perché anche lui, come Tenco, arriva da «un’epoca in cui c’era più pietà». Al di là dell’irriverenza nichilista, la scrittura di Miraglia riesce a donare frammenti di lirismo; e ha la rara capacità di mostrare come dietro al fuoco distruttore della ribellione punk vi sia in realtà il disperato desiderio di illuminare un buio interiore, di combattere a mani nude e senza corazza una debolezza e una fragilità emotiva che, spesso, rende insopportabile lo stare al mondo, nel mondo dei vivi.

Luigi Tenco e gli altri zombies del rock passeggiano per «i viali fioriti dell’urbanistica ruffiana» di Sanremo, osservati dai vivi che riflettono sulle ipotesi di complotto della loro morte, senza essere minimamente sfiorati dall’idea che nessuno li abbia assassinati ma che si siano uccisi da soli. Perché i fans sono crudeli: loro non amano l’uomo, ma solo ciò che l’uomo è capace di rappresentare, il simbolo. Non è semplice avere un cuore, nel mondo dei vivi. La verità è che «siamo nati per perdere: è questo il nostro epitaffio definitivo». Abbiamo perciò bisogno degli zombies, dei disperati «che ci ricordino quanto siamo in grado di fare schifo». Ma quando sei uno zombie nessuno ti può più seppellire. «Il lieto fine sarà sempre dalla nostra parte».