Tutte le strade portano a Roma, ma prima passano per Ystad… La battuta è girata sulla stampa locale (siamo nel profondo sud svedese della Scania) per aggiungere una sfumatura glamour alla mostra – già unica nel suo genere – che questa antica cittadina pseudobalneare a un’ora di treno da Malmö e dall’aeroporto di Copenaghen ospita fino all’8 gennaio.
Archaeomusica – The Sounds and Music of Ancient Europe in sostanza rompe il silenzio che ha avvolto fin qui gli studi sulle società del mondo antico, rendendo giustizia all’importanza che la musica ricopriva nelle civiltà classiche del Mediterraneo come tra i Celti e i popoli del Nord. E, risalendo all’indietro nel tempo, fin dal Paleolitico superiore, 40mila anni prima di Cristo.

Archaeomusica in Ystad Abbey, foto Placido Scardina/EMAP
Archaeomusica in Ystad Abbey, foto Placido Scardina/EMAP

È LO SCENARIO SONORO e visivo in cui si viene trasportati di fronte alle «repliche» accuratissime di una serie di strumenti musicali e di congegni sonori, la loro collocazione nella Storia e nella mappa dell’Europa. E soprattutto la loro materializzazione odierna, il loro ri-suonare nelle diverse sezioni interattive che spezzano l’esposizione, nelle quali è un piacere vedere grandi e piccini trafficare con raschiatoi e crepitacoli, percuotere un litofono o interrogare le corde di un’arpa virtuale, prima di immergersi nel soundgate che ricrea le stesse «condizioni» sonore della tomba reale di Kivik, un sito tanto vicino nello spazio quanto lontano nel tempo, per restituire quella che doveva essere l’esperienza dell’ascolto nel contesto originale.

IL PERCORSO SI SNODA sotto le volte severe della chiesa annessa al monastero «dei francescani grigi», la cui prima fondazione risale al 1267. Quando cioè gran parte degli strumenti che vengono qui esposti erano pressoché estinti. A cominciare dai più spettacolari, i maestosi carnyx che nei ranghi delle armate celtiche erano strumenti anche di guerra. Per proseguire con i litui etruschi e, per restare nella famiglia delle trombe, la Loughnashade proveniente dall’Età del ferro irlandese. Oltre ad esibire le clamorose resurrezioni a cui ha dato vita l’Emap (European Music Archaeology Project), la mostra non manca di sottolineare le evidenti sopravvivenze e i millenari adattamenti da parte di determinati strumenti, come gli auloi greco-romani rinvenuti a Pompei e a Poetovio (Slovenia), con cui sono imparentate ad esempio le launeddas sarde. A far risuonare le comuni radici dell’Europa non mancano anche arpe e lire, l’organo idraulico alessandrino adottato dai Romani, flauti preistorici in osso, corni e tamburi dell’età del Bronzo restituiti dai siti archeologici della regione di cui fa parte Ystad. Ai margini dell’esposizione non sono mancati i concerti – né mancheranno negli altri appuntamenti europei del progetto – di artisti già dediti alla musica «antica» come l’Ensemble Mare Balticum, o che proveniendo da altri ambiti, come il duo Paolo Fresu-Daniele di Bonaventura, hanno accettato la sfida di misurarsi con un segnale trasmesso migliaia di anni fa, che oggi arriva finalmente forte e chiaro grazie al lavoro del team di studiosi, scienziati, artigiani e artisti attivato in seno all’Emap..

ARCHAEOMUSICA nel corso del 2017 verrà allestita anche a Valladolid e a Lubiana, per approdare appunto a Roma in autunno. Contemporaneamente una versione «virtuale» e multimediale della mostra, con corollario di workshop, conferenze e concerti, si potrà visitare nell’etrusca Tarquinia (dove ha sede la regia dell’intero progetto) e a Pafos, sull’isola di Cipro.

Archaeomusica in Ystad, foto Placido Scardina/Emap
Archaeomusica in Ystad Abbey, foto Placido Scardina/Emap