Considero importante che si apra e si sviluppi una discussione vivace sulla sinistra oggi. E che si apra sulle colonne del manifesto, che svolge un ruolo positivo di stimolo e di pungolo critico. Ho seguito il confronto con attenzione, mi rendo conto di quanto le mie parole e le mie osservazioni siano legate all’esperienza di sindaco di Genova, di una grande città, e quindi costantemente alle prese con i tanti problemi del governo e più in generale della res publica. La prospettiva in cui mi pongo è dunque quella di chi, essendo di sinistra, governa o amministra. Ovvero di chi ritiene che compito imprescindibile della sinistra sia anche, se non soprattutto, quello di affrontare le questioni del governo e dunque di proporsi come credibile forza di governo.

Alcune questioni sono ineludibili. Le affronto con la sintesi obbligata dallo spazio assegnatomi. Primo punto: i conti pubblici e il loro equilibrio. Credo che il livello della spesa pubblica non vada aumentato. La pressione fiscale complessiva è già alta (su questo la percezione e il pensiero dei cittadini sono largamente concordi) e non credo che aumentare l’indebitamento sia saggio. Subiamo oggi le conseguenze delle politiche finanziarie degli anni Ottanta, quelle dei governi del Caf (Craxi, Andreotti, Forlani), che fecero esplodere il nostro debito pubblico. Tenerlo sotto controllo è un dovere nei confronti delle giovani generazioni che già stanno pagando gli effetti delle politiche del passato.

Dunque invarianza o tendenziale riduzione della pressione fiscale; certo si tratta di essere efficaci nel contrasto all’evasione e nell’impostare delle patrimoniali capaci di colpire le diverse forme della ricchezza, ma dobbiamo sapere che le imposte dovranno essere pagate da una vastissima platea di cittadini, compresi coloro che possono ricondursi al variegato ceto medio e alle classi popolari. Che dire a questo riguardo delle imposte sulla casa? Mi preoccupa il silenzio della sinistra al riguardo. Eppure è una questione cui tutti sono sensibili. Che ne pensiamo dell’Imu e della Tasi? Credo che siano essenziali per tenere in piedi le finanze dei Comuni.

Possiamo certo discutere delle proposte, ancora meglio quando saranno definite, del governo in materia di Local Tax, ma dobbiamo farlo senza giocare solo di rimessa. Tutto ciò avendo chiare le destinazioni prioritarie della spesa che deve essere volta innanzi tutto al soddisfacimento di bisogni essenziali e a sostenere, con criteri di equità, le parti più deboli della popolazione (da non confondersi con gruppi che godono di garanzie e di posizioni di, per quanto relativo, privilegio).

La questione fiscale si lega a quella della riqualificazione della spesa pubblica. È doveroso fare la battaglia per ridurre le spese militari, così come è giusto, al netto dell’abbondante demagogia che accompagna il tema, porsi l’obiettivo della riduzione dei costi, non di rado indecenti, della politica. Ma questo non può bastare.

La spesa pubblica è caratterizzata nella sua composizione da un notevole grado di rigidità. Riallocare le risorse, senza compromettere gli equilibri dei conti, non è semplice e richiede determinazione e gradualità (e volontà-capacità politica di superare le resistenze diffuse che si incontrano ogni volta che si procede in tale direzione). Il diverso impiego delle risorse (quelle date, ripeto, e non quelle che nel mondo dei sogni si vorrebbero avere) ci rimanda a un percorso che porti a una maggiore efficienza della amministrazione pubblica.

Il tema della riforma della pubblica amministrazione, di cui da decenni si parla, è fondamentale e deve essere affrontato assumendo quale obiettivo prioritario cui tendere la migliore qualità dei servizi che si offrono ai cittadini utenti e contribuenti. Anche in questo caso le resistenze diffuse che si devono affrontare qualora ci si accinga a tale impresa sono grandi. Sono consapevole che il tema non consente semplificazioni, di ogni taglio, e che debba essere affrontato puntualmente. Anche su questo terreno le forze di sinistra devono misurarsi.

Le questioni che ho sollevato e la capacità di proporre per esse soluzioni adeguate determinano il sistema di alleanze (sociali) che si vogliono costruire andando a intercettare persone e gruppi in una società sempre più frantumata. Penso sia inevitabile prendere atto di un processo di scomposizione (peraltro già avanzato) e favorire una ricomposizione di pezzi di società (un tempo si sarebbe parlato di “blocco sociale”, anche se oggi il termine dal grande valore interpretativo mi appare un poco datato) con cui si vuole costruire il cambiamento.

Alleanze, o consenso, sociali non possono essere disgiunti dalla prospettiva di alleanze politiche. Guardando all’Italia del 2015 vedo situazioni differenti. A livello nazionale il centro sinistra è spaccato. Governa invece in numerose realtà locali, nei comuni e nelle regioni. Non vedo praticabili alternative a governi di centrodestra o di 5Stelle che non siano in generale di centro sinistra. E considerando quello che centrodestra e 5Stelle esprimono non ho dubbi in proposito.
Con una battuta, io sto in modo convinto con Zingaretti ed Emiliano e mi contrappongo a Polverini e Fitto e ai 5Stelle. Anche questi percorsi sono da costruire e non possono certo essere dati per acquisiti. Ma che siano percorsi obbligati me lo dimostrano, ad esempio, le vicende (estive e strutturali al tempo stesso) della drammatica emergenza emigranti che stiamo affrontando, faticosamente, come amministratori locali col governo e le sue articolazioni, con l’ostilità delle destre e l’ambiguità o il silenzio dei 5Stelle.

Molto altro ci sarebbe da dire rispetto al ruolo della sinistra nella nostra società e nel nostro mondo, ricordando sempre che siamo parte di quel Nord del mondo al quale guardano e verso il quale si dirigono tanti “dannati della terra”, come li definì Frantz Fanon.

Ho voluto soffermarmi su alcuni temi che una sinistra che voglia governare, come è giusto che sia, deve inevitabilmente affrontare. Le recenti vicende della Grecia, le difficoltà affrontate e le scelte compiute dal governo Tsipras, ci fanno capire quanto tali compiti siano difficili e non siano praticabili facili scorciatoie.