«La Chiesa ha sicuramente un ruolo importantissimo in tutta Italia, ma a Roma in particolare, anche perché è ‘di casa’»: dopo venti minuti di un incontro consumatosi ieri a metà mattina, Virginia Raggi ha postato su Twitter la sua foto con papa Bergoglio e risposto alle domande di Radio Vaticana. La donna che è stata eletta dieci giorni fa sindaca di Roma, si è presa qualche ora di fuga dalle tensioni della politica cittadina e si è presentata Oltretevere in compagnia del figlio di dieci anni e dei genitori. Ha mostrato da un tablet alcuni videomessaggi di romani al papa.

Fuori dal clima ecumenico della Città del Vaticano, imperversano le polemiche. Il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone smentisce di aver espresso parere favorevole alla nomina di Daniele Frongia a capo di gabinetto. Intanto, lo scontro tra Raggi e Marcello De Vito, consigliere uscente e sfidante alle primarie online, è tornato a macchiare l’immagine di armoniosa e unanime comunità alla quale il M5S tiene moltissimo. Il Fatto Quotidiano ha scovato «un dossier contro di De Vito elaborato dai suoi ex colleghi consiglieri comunali Virginia Raggi, Daniele Frongia e Enrico Stefano per farlo fuori».

Una vicenda «non confermata dai diretti interessati» e tuttavia «ricostruita con la testimonianza sotto garanzia di anonimato di chi ha vissuto indirettamente quel momento e ha accettato di mostrare mail e sms». La notizia non fa che confermare il clima non proprio cordiale dentro al M5S, cosa ampiamente trapelata nel corso degli ultimi mesi.

Non un è mistero che la parlamentare romana Roberta Lombardi, grande sponsor di De Vito, sia stata gelida con Raggi fino a poco prima del voto. Quando si è saputo di un armistizio Lombardi si è presentata sul palco di piazza del Popolo per parlare di casa e patrimonio pubblico: esattamente i due temi che con la vittoria di Raggi erano stati espunti dalle linee programmatiche prioritarie per far spazio a trasparenza, trasporti e rifiuti.

Si potrebbe ricostruire questa contrapposizione con precisione millimetrica, tessendo la trama di voci, screzi e polemiche. Ma in fondo servirebbe a poco, perché come spesso succede in casa M5S questa faida non avviene a causa di divergenze politiche o di diversità di impostazioni culturali. A Roma avviene ciò che nella galassia pentastellata si verifica quasi dovunque: ci sono due gruppi che si contrappongono, anche ferocemente, ma dentro lo scontro è difficile riconoscere il profilo dei contenuti e delle proposte alternative. In genere, la situazione degenera e tutto finisce con l’epurazione di una delle due correnti, ad opera di quella che ha più entrature con la Casaleggio Associati e Beppe Grillo. O si opta per la mancata presentazione della lista, come avvenuto in decine di comuni e diversi capoluoghi di provincia.

La linea più ortodossa alla casa madre milanese sarebbe quella di Virginia Raggi, la quale infatti per l’assessorato alle politiche sociali ha scelto Laura Baldassarre, considerata vicina a Luigi Di Maio. «Solo che Roma non è una città qualsiasi. Siamo sotto i riflettori. E Roberta Lombardi ha rafforzato la sua posizione, ha saputo costruire legami con pezzi di città e rendere difficile la sua defenestrazione, che non sarebbe passata sotto silenzio», ci dice un pentastellato che vuole rimanere anonimo. Così, Raggi ha stravinto le elezioni ma Marcello De Vito, forte di 6541 voti, è diventato «Mister Preferenze». I due sono costretti ad avanzare affiancati. Roma è too big to fail, lì a due passi dalla politica nazionale. Bisogna far buon viso a cattivo gioco, anche se i veti incrociati paralizzano la composizione della giunta.

La prima riunione del consiglio comunale, quella che in base ai regolamenti dovrebbe ospitare l’annuncio della squadra della sindaca, è stata procrastinata fino al 7 luglio. Già si annuncia che il 12 luglio, però, ci sarà un altro consiglio, convocato per permettere a Raggi di esporre le «linee programmatiche» della sua amministrazione. Ad esempio Lombardi e De Vito chiedono, con un pizzico di veleno e una formula che pesca dal linguaggio della politica tradizionale, un «supplemento di riflessione» circa la nomina a vice-capo di gabinetto con poteri di firma di Raffaele Marra, l’ex ufficiale della Guardia di finanza che ha ricoperto ruoli importanti con le amministrazioni di destra di Alemanno e Polverini e che dopo le polemiche verrebbe indicato soltanto come «traghettatore» pro-tempore.

Anche tra molti degli elettori del M5S, non ci si dimentica di quando Marra era al dipartimento casa del Comune e di quanto poco fece per impedire che i Piani di zona si trasformassero nell’ennesima occasione di speculare sul cemento, senza che i vincoli imposti all’edilizia agevolata venissero rispettati.