E stata un’inaugurazione in tono minore quella della costruzione di una base del sistema di difesa missilistico integrato nel villaggio di Redzikowo nella regione della Pomerania, 150 km ad est di Danzica sulla costa baltica. Erano presenti anche il vicesegretario alla Difesa americano Robert Work, il Presidente polacco Andrzej Duda e il Ministro della difesa Antoni Macierewicz.

“Questa installazione è il contributo polacco-americano per il sistema di difesa missilistica, legato ai rischi al di fuori dei territori dell’Alleanza Atlantica. In primo luogo ci riferiamo al Medio Oriente”, ha dichiarato l’ambasciatore USA a Varsavia Paul Jones, quasi come per voler sottolineare che l’iniziativa non debba essere letta in chiave antirussa. Secondo l’agenda del governo, la struttura sarà operativa nel 2018.

Nessun invito ufficiale invece per i rappresentanti delle autorità locali che sono stati soltanto informati del taglio del nastro per gentile concessione del governo in zona Cesarini. Una cerimonia lampo durata circa un’ora e mezzo che ha spiazzato anche i media costretti a rincorrere la notizia fino all’ultimo momento.

C’erano invece un centinaio di persone all’ingresso del cantiere per protestare soprattutto contro le mancate promesse del governo. Dopo l’accordo firmato nel 2007 tra Washington e Varsavia sulla costruzione dello scudo atomico, Mariusz Chmiel ex-sindaco di Slupsk, una cittadina a pochi chilometri di distanza dal sito di Redzikowo, aveva scritto a Varsavia per chiedere degli incentivi per i sacrifici imposti agli abitanti della zona.

Un anno dopo, il Presidente del Consiglio Europeo ed ex-premier polacco Donald Tusk della formazione di centro-destra Piattaforma civica (Po), aveva promesso una pioggia di aiuti e di risarcimenti. Il rinnovamento in tempi record di alcuni tratti delle strade statali della Pomerania per volere del governo centrale aveva lasciato ben sperare.

Poco dopo sarebbe arrivato il ridimensionamento e il rinvio del progetto militare annunciato dal numero due di Obama, Joe Biden. Stracciato un accordo se ne fa un altro: invece dello scudo spaziale, la Polonia avrebbe dovuto ospitare soltanto una parte dell’ombrello ovvero un radar e un sistema di missili SM-3 nell’ambito del programma di difesa missilistica AEGIS da dislocare in tutto il continente europeo.

Difficile dire se il Po avrebbe mantenuto le promesse fatte agli amministratori della zona, dopo esser stato scalzato alla guida del paese dal partito della destra populista Diritto e giustizia (PiS) lo scorso ottobre. Sta di fatto che dopo l’ascesa del PiS al potere, gli enti locali hanno smesso di ricevere notizie dalla Capitale. Uno dei dogmi del programma di “orbanizzazione” forzata del paese, voluto dal PiS, è il centralismo, in barba ad ogni dialogo con gli enti locali.

Ma ci sarebbe da considerare anche il risvolto ambientale per i cittadini di Slupsk e delle località limitrofe. Alcun tentativo di ottenere una valutazione di impatto ambientale sul progetto è stato fatto dalle autorità locali, impegnate, invece, a preparare uno studio economico sui mancati investimenti dovuti alla militarizzazione della zona. Dall’altro lato della città baltica, dovrebbe sorgere un’altra base militare, come dire, oltre al danno la beffa.

Gli amministratori locali stanno facendo quello che possono. Il vice-sindaco di Slupsk Marek Biernacki chiederà un risarcimento per gli alberi di troppo tagliati dai militari. Ma è una sfida tra Davide e Golia e non sarà facile opporsi al potere centrale.
Difficile dire se i cittadini indignati daranno vita dal basso ad un comitato no-scudo come quello nato qualche anno fa nel sud del paese per protestare contro l’esplorazione del gas di scisto da parte della Chevron nel villaggio di Zurawlow. Intanto il cantiere di Redzikowo è stato aperto: i soliti lavori di “orbanizacja” in corso a Varsavia.