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La cultura non piace al potere. La nostra epoca va in tutt’altra direzione e a farne le spese sono anzitutto gli studi umanistici. La filosofia, l’arte, la poesia, le favole per bambini, la creatività si rivelano cose «inutili» da rimuovere. E sono frequenti i tagli di fondi al «sapere» da parte di amministrazioni locali e governi di ogni colore politico. La giunta comunale di Sant’Agata dei Goti, nel Beneventano, guidata dal segretario provinciale del Pd Carmine Valentino, ha compiuto di recente una vera e propria azione di sfratto ai danni della Biblioteca pubblica «Michele Melenzio».

Il caso è arrivato in Parlamento. Giancristiano Desiderio, filosofo, giornalista e fondatore della Biblioteca, lo scorso 12 aprile teneva una lezione di filosofia nei locali di Palazzo Mosera. Senza alcun preavviso, irrompevano due agenti della polizia municipale rivolgendo domande inopportune e stendendo un verbale ispettivo. I presenti increduli. Dopo qualche giorno veniva emessa una delibera da parte della giunta, con la quale si revocava il comodato d’uso che nel 2005 aveva consentito la nascita di un centro di ricerca oramai nutrito di circa 13mila volumi. Tutto senza fornire alcuna spiegazione e, soprattutto, senza averne ipotizzato il trasferimento in altre sedi.

Non è la prima volta che questa giunta, al suo secondo mandato, rivendica con metodi muscolari l’ultima parola o controlli sostanziali in merito alle attività artistiche del luogo. Ma il problema adesso è un altro: dove finiranno i 13mila volumi e cosa ne sarà della Biblioteca? Una petizione popolare ha finora raccolto più di mille firme. La notifica della delibera può arrivare da un momento all’altro. Tra gli aderenti all’appello, politici di ogni estrazione, studiosi e ricercatori a cui la Biblioteca mette a disposizione tutti i documenti storici che riguardano Sant’Agata dei Goti (bibliotecamelenzio.it). Un episodio che trascende la consueta diatriba destra/sinistra e investe il tema nevralgico della libertà della cultura. La sua preziosa «inutilità».