Tutto si potrà dire a Matteo Renzi, ma non negargli un talentaccio naturale nel confondere le acque. La sparata trionfale sul taglio delle tasse, che arriverà forse, è stata preziosa per camuffare quello della sanità, che invece ci sarà di certo, e anzi già c’è. A veicolarlo sarà un emendamento, al quale sta già alacremente lavorando il ministero della Sanità, al decreto Enti locali. Cosa conterrà nel dettaglio è ancora incerto, ma di certo si tratterà di un colpo di scure su tutte le analisi cliniche, sulle risonanze magnetiche e in generale su tutto quel che aiuta a prevenire o a individuare per tempo le malattie.
Il Senato avrebbe dovuto approvare il decreto a spron battuto, ovviamente con il voto di fiducia, già ieri sera. Essendo lunedì, giornata di sacro riposo a palazzo Madama, è mancato per quattro volte il numero legale e dunque, a norma di regolamento, la seduta è slittata. In teoria dovrebbe riprendere oggi, ma in mattinata, al Senato, è invece previsto lo sbarco di un altro decreto, quello sulla Rai. D’altra parte, avviare il dibattito sul dl Enti locali non avrebbe senso, dovendosi la seduta interrompere a metà mattinata per la tradizionale «cerimonia del ventaglio».
L’ingorgo nasconde in realtà un’indecisione del premier, che Renzi avrebbe tuttavia risolto, dopo qualche ora di esitazione, scegliendo di andare avanti, presentare l’emendamento e chiedere la fiducia oggi stesso. Il dubbio del gran capo non era certo dovuto a ripensamenti sull’opportunità di mettere ancor più in ginocchio di quanto già non sia la sanità pubblica. Figurarsi. Il punto dolente era solo questione di comunicazione e propaganda bruta. Va bene proseguire con l’acceleratore a tavoletta nel solco di Berlusconi e dei peggiori governi di destra europei. Va malissimo che i cittadini lo capiscano. Danno grave per la salute elettorale.

Lui, Matteo il furbo, aveva fatto il possibile per celare il taglio dietro la rutilante promessa del taglio delle tasse ed era stato attentissimo a non usare mai parole tanto chiare da far capire ai futuri elettori quale piattino gli si stesse preparando. Purtroppo i suoi collaboratori non sono altrettanto dotati. Dalle parole del geniaccio della comunicazione Yoram Gutgeld, ma anche da quelle della ministra Lorenzin, la sconsolante realtà emergeva purtroppo in tutta la sua crudezza. Di qui l’esitazione: non sarà meglio rinviare? Magari sì, ma ciò avrebbe comportato affibbiare una mazzata clamorosa tra pochi mesi. Alla fine Renzi, da stratega dell’abbindolamento quale è, ha preferito mantenere la strategia iniziale: diluire il colpo dividendolo in diverse tranches, celarlo quanto più possibile dietro i fuochi artificiali della riforma fiscale promessa. Avanti, dunque. Ma per carità: attenti con le parole! Qui non si taglia un bel niente. Si razionalizza.
La Lorenzin fa il possibile per adeguarsi ma il risultato è sconfortante. La «razionalizzazione», spiega, significa solo «attaccare gli sprechi improduttivi, l’eccesso di cautela dei medici che porta a prescrizione ed esami inutili, la cosidetta medicina difensiva». Uno legge e si chiede: «Ma questa si rende conto di cosa sta dicendo? Penserà davvero di far credere che tagliare le analisi cliniche e abbattere la medicina preventiva significhi intervenire sugli sprechi?».
Quando il decreto verrà votato resta dunque incerto, quasi certamente stasera stessa. Ma si tratta di un particolare poco influente, che non cambia di una virgola in quadro generale: i tagli alla sanità saranno pesanti, 2,3 miliardi subito, ulteriore e anche più pesante batosta in autunno, con la legge di stabilità, per poi arrivare al tetto di 10 miliardi in 5 anni. Cosa significhi, al di là dei giri di parole in cui palazzo Chigi eccelle lo dice senza perifrasi il coordinatore degli assessorati alla Sanità delle Regioni Lucio Coletto: «Oltre alle tasse, gli italiani dovranno pagare le prestazioni sanitarie privatamente». Lo dice il capo dei deputati Sel Scotto: «Così si scaricheranno sui cittadini i costi del taglio delle tasse». Una partita di giro. Lo dicono i parlamentari del M5S: «Il piano del governo? Semplice. Sostituire la samità pubblica con quella privata». Stavolta è proprio impossibile dargli torto.