La cattiva alimentazione accorcia di molto la vita. L’obesità è sotto accusa e il mercato delle diete è più florido che mai, in sinergia fruttuosa con l’industria alimentare che lo nutre. Il rapporto con il cibo ha le sue radici nell’esperienza dell’allattamento.  Con un allattamento buono il bambino ottiene tre cose: si sfama; gusta il piacere del latte; gode sensualmente del seno materno. Il godimento del seno è la cosa più significativa che sovradetermina le altre due. Crea un coinvolgimento profondo e apre il bambino al mondo.

Se la madre non riesce a farsi coinvolgere (perché ha paura di perdere la gestione di sé a partire dal suo corpo) il bambino si sente ingannato. Si è sfamato e forse ha avuto una buona esperienza “culinaria”, ma il suo desiderio erotico è rimasto frustrato. Tuttavia, deve rimangiare la sua rabbia perché il distacco della madre, che superata una soglia di coinvolgimento si ritrae sul più bello, è da lui vissuto come eclissi irreparabile che gli fa temere di averla distrutta.

Il bambino può puntare tutto sulla poppata per compensare l’assenza di piacere erotico. Investe la piacevolezza del latte e il sollievo che gli procura l’appagamento del bisogno fisico. Ottiene così un effetto calmante che appaga anche il bisogno psichico di stabilità e sicurezza. La compulsione della poppata (in cui sopravvive, in negativo, la domanda, caduta nel vuoto, del desiderio) è al servizio della fantasia di un seno potente e florido, che argina l’ansia del bambino di averlo svuotato di vita.

Spesso il compromesso con cui il lattante si inganna, per non sentirsi ingannato, si incastra con l’esigenza della madre di mantenersi eccitata (invece di sciogliersi) per sfuggire al proprio senso di vuoto che il suo mancato coinvolgimento determina. A un certo punto il bambino succhia il capezzolo non per poppare, ma per pompare, erigere il seno.

Quando il rapporto del bambino con il seno prende questa strada la probabilità che l’obesità si affacci nel suo destino è molto alta. Nelle famiglie dei bambini obesi le relazioni sono inconsciamente influenzate dal fantasma narcisistico di un corpo sferico, perfettamente a sé stante, che sottende un modello di funzionamento familiare centrato sulla sicurezza e la stabilità e restio agli scambi con l’esterno.
Dove il fantasma prevale la famiglia vive in uno stato di gravidanza permanente che trattiene i sentimenti e la creatività e rifiuta i cambiamenti. I figli non sono veramente partoriti alla vita e la loro crescita (vissuta come rottura di un equilibrio) è costantemente dilazionata.

Questa è una situazione estrema, ma il bambino obeso è sempre il sintomo di una difficoltà nella circolazione libera dei sentimenti (che implica un difetto di intimità e di compenetrazione).
I sentimenti tendono a dissociarsi dal desiderio e legarsi prevalentemente ai bisogni. La gestione omeostatica dei sentimenti, che esclude l’imprevisto dell’eros, si sposa con un’alimentazione centrata sull’eccitazione della piacevolezza superficiale (che crea dipendenza) e/o l’effetto calmante, stordente dell’abboffarsi.

Le diete restrittive creano illusioni effimere. Tendono a mantenere l’ideale di stabilità nell’immobilità sotto forma di canone estetico o di prescrizione morale della normalità. La cosa davvero utile è l’educazione sentimentale: imparare a sentire il gusto delle cose, a cogliere le sfumature che le differenziano, a lasciarsi prendere dal loro profumo per sostare nel loro godimento profondo. Un godimento che rifugge il consumo compulsivo, il piacere di superficie che seduce il palato e lascia l’anima fredda.