Matteo Renzi ha confortato gli elettori del Pd: «Non avete perso voi». È lui che ha perso loro.

Un elettore Pd su quattro ha votato No alle riforme volute dal segretario del partito. In compenso, un elettore di Forza Italia su quattro ha votato Sì, sebbene Berlusconi – con Mediaset schierata per il Sì – facesse campagna per il No (per favorire il Sì).

Si è concretizzato il rischio-scissione paventato da Gianni Cuperlo, che per evitarlo si è fidato di Renzi ed è entrato a far parte della commissione incaricata di tenere occupato Gianni Cuperlo. Il Pd si è scisso: da una parte il partito, dall’altra gli elettori.

Spaccato in due a Sud (a Napoli, il 41% degli elettori Pd hanno votato No, a Cagliari il 45%, rileva l’Istituto Cattaneo) diviso anche nel cuore dell’Emilia Rossa: a Bologna il 22,8% degli elettori Pd ha votato No mentre un elettore di Forza Italia su due ha votato Sì alla riforma di Renzi e/o alla permanenza di Renzi al Governo, che il premier aveva subordinato alla vittoria minacciando: «Se perdo tornano quelli di prima!» (Ma perché, sono ancora vivi quelli che c’erano prima di Verdini?!) e «Se vince il No ci sarà un governicchio» (No, dai, per la terza volta Alfano ministro dell’interno, no!!!).

La propaganda liberista che ha applaudito alle riforme – dai tempi della Legge Fornero passando per il Jobs Act – poteva far sparire i pochi voti dei molti partiti alla sinistra del Pd ascrivendoli all’accozzaglia populista, ma il No degli elettori del Pd è troppo ingombrante da nascondere.

Agli elettori del Pd che hanno votato No pur sapendo – o perché sapevano – che Renzi se ne sarebbe andato non si potrà rimproverare di non essersi accontentati dei 47 milioni di risparmio promessi con l’abolizione del bicameralismo perfetto da un governo che nel 2016 ha speso 735 milioni in cacciabombardieri F35.

Bisognerà considerarli per quello che sono: elettori di sinistra delusi. E smetterla di raccontargli la favola che con l’abolizione dell’articolo 18 l’occupazione è ripartita. (È andata in Germania).