Tira vento, fa freddo, lo Jonio è in burrasca. Ma un’onda di popolo si riversa a Riace per stringersi intorno a Mimmo Lucano, sindaco dimissionario dopo una campagna diffamatoria sul web. In mille, giovani, donne, tanti migranti, attivisti, uomini delle istituzioni, a chiedere al sindaco di ritirare le dimissioni. Messaggi di solidarietà da Landini, Ferrero, Loiero, Zanotelli. Fassina e D’Attorre annunciano un’interrogazione alla Camera. In piazza arriva il presidente della regione, Mario Oliverio (Pd), entra nel Municipio stracolmo e si siede accanto a Lucano.

L’atmosfera è tesa. Il “modello Riace” di accoglienza e integrazione è sotto attacco. Lucano spiega le sue dimissioni per il rispetto che porta “ai tanti compagni che ancora credono in quel sogno sospeso che ha attraversato la mia generazione e che mi sono portato con me anche da sindaco. Quante volte mi sono sentito fuori luogo negli apparati istituzionali ma ho dimostrato che è possibile gestire la cosa pubblica con un’idea di militanza senza mai fare nessun atto per fini personali”. Se c’erano ombre, magari create ad arte, era giusto dissiparle. Era quello che chiedeva e si augurava Lucano. I riacesi e tutta la Calabria hanno risposto all’appello. E lui, commosso, alla fine ha annunciato che sarà ancora il loro sindaco. Come dice uno striscione appeso in piazza: “La mia casa continuerà a viaggiare su due gambe e i miei sogni non avranno frontiere”. Quella casa si trova a Riace. E’ la casa di tutti.