La Commissione affina le proposte da presentare al vertice straordinario del 14 settembre dei ministri degli Interni e della giustizia. Il 4 settembre, si incontrano in Lussemburgo i ministri degli Esteri dei 28, mentre giovedi’ Angela Merkel, che ieri ha ricevuto lo spagnolo Mariano Rajoy a Berlino, incontra i Baltici, che non si sentono coinvolti dalla crisi dei migranti. Contemporaneamente, l’ungherese Viktor Orban sarà a Bruxelles, per una riunione con la Commissione. Ma Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia hanno organizzato un mini-vertice a Praga il 4 settembre, per trovare una posizione comune da opporre alla linea della Commissione e della Germania, che chiedono solidarietà nei ricollocamenti dei rifugiati.

Le parole-chiave della comunicazione in Germania e Francia sono ormai “umanità” (per i rifugiati che sfuggono dalle guerre) e “fermezza” verso i migranti economici, che non trovano spazio nella Ue. Per convincere i più reticenti, la Commissione ha in mano l’arma dei finanziamenti. Bruxelles ha stanziato 2,4 miliardi di euro supplementari entro il 2020 (complessivamente, i programmi per Asilo, immigrazione, interazione e il Fondo per la sicurezza interna dispongono di circa 7 miliardi fino al 2020). Sono già stati approvati 23 programmi nazionali pluriannuali e altri 12 sono allo studio. Come verranno utilizzati questi soldi? La Francia, per esempio, ha ottenuto 5,2 milioni per intervenire a Calais, uno dei luoghi simbolici dei punti di blocco europei. Ma per trovare un rifugio momentaneo (una nuova tendopoli) a meno della metà delle più di 3mila persone che vivono oggi in condizioni più che precarie nella “giungla” in attesa di poter sfuggire ai controlli e passare in Gran Bretagna, ci vorranno almeno 25 milioni di euro. La Germania ha stanziato 500 milioni supplementari quest’anno per far fronte alla previsione di accoglienza di 800mila rifugiati. L’Italia, paese di frontiera, ha ottenuto un finanziamento di 313 milioni per migliorare accoglienza e asilo, e altri 244 milioni per la sicurezza.

Una parte del denaro sbloccato dalla Commissione servirà per “rafforzare i programmi di ritorno”, spiegano a Bruxelles. E un’altra parte a “rafforzare le frontiere esterne”. In questi giorni, si parla molto di Schengen. Per Angela Merkel, che guida la campagna dell’Europa “umanitaria” verso i rifugiati, Schengen, cioè la libera circolazione all’interno delle frontiere della Ue (anche se non tutti i 28 aderiscono al trattato, che conta pero’ alcuni paesi non Ue), è oggi a rischio. “Se non riusciamo a ripartire in modo giusto i rifugiati, è evidente che la questione di Schengen sarà all’ordine del giorno”, ha ammonito Merkel. Già la Gran Bretagna, che peraltro non è nello spazio di libera circolazione, critica Schengen e chiede restrizioni. Il primo ministro francese, Manuel Valls, ha precisato lunedi’ a Calais che “Schengen non è solo apertura delle frontiere interne, ma anche rafforzamento di quelle esterne”. Valls ha evocato la presenza di un numero maggiore di agenti alle frontiere esterne. Un modo meno “scandaloso”, secondo l’accusa del ministro degli esteri francese Laurent Fabius all’Ungheria, del “muro” di filo spinato al confine con la Serbia, peraltro inutile per bloccare gli spostamenti.

Non sarà facile per la Commissione far passare il 14 settembre la proposta di una ripartizione permanente dei migranti, attraverso un sistema di quote, dopo aver già trovato enormi ostacoli all’ipotesi, avanzata nel maggio scorso, di una ricollocazione di 40mila persone, tra rifugiati nei paesi limitrofi della Siria e uomini e donne sbarcati in Italia e Grecia. Anche la Francia, malgrado le dichiarazioni sulla volontà di armonizzazione del diritto d’asilo con la Germania (per fare da modello all’insieme della Ue), resta reticente al sistema di quote permanenti (o almeno, come la Spagna, chiede che venga tenuto conto della percentuale di immigrati già presenti sul territorio).