Almeno cinque milioni di danni secondo le prime stime dei tecnici. Una figuraccia in mondovisione, con le telecamere pronte ad alzare l’obiettivo, dalla voragine di circa 200 metri che si è aperta all’alba sul lungarno Torrigiani, al vicinissimo Ponte Vecchio e alla Galleria degli Uffizi, sull’altra sponda dell’Arno.

Per fortuna non ci sono state vittime né feriti, già all’ora di cena l’acqua era tornata nelle case e i Vigili del fuoco rimuovevano l’ultima auto inghiottita nel progressivo crollo della pavimentazione stradale.

Ma le polemiche sono destinate a durare, più a lungo di una ricostruzione che il sindaco Nardella spera di veder conclusa a fine estate. Perché di mezzo c’è Publiacqua, la società per azioni privato-pubblica (con Acea al 40%) sul podio delle tariffe più salate del servizio idrico integrato. E che è, dal 2009 ad oggi, un feudo dell’ex sindaco Matteo Renzi.

“Oh, e c’è i cavedani”. La battuta di un ragazzo che, alla mezzanotte scorsa, girava con l’acqua alla caviglie un video già diventato virale, apre il sipario sul primo sversamento della rete idrica fiorentina. In quel momento un torrentello di acqua scorre via alla fine di lungarno Torrigiani, all’angolo con via de’ Bardi, e prende la strada in discesa di quest’ultima. Arrivano le prime segnalazioni a Publiacqua e alla polizia municipale, intervengono tecnici e operai per individuare e riparare il guasto, e verso le 3.30 del mattino i lavori finiscono. Si torna a casa.

Alessandro Carfì di Publiacqua la riepiloga così: “Prima abbiamo registrato un calo di pressione nella rete e una perdita in una tubazione di via dei Bardi che, come prassi, è stata chiusa. Poi è stato verificato che la pressione tornasse ai livelli normali. Per noi l’intervento era concluso”.

Secondo quanto ricostruito dai Vigili del fuoco, il primo guasto aveva fatto saltare un tombino, e per questo Publiacqua aveva chiuso l’afflusso dell’acqua. Secondo alcuni addetti ai lavori, proprio questa operazione potrebbe aver prodotto un aumento della pressione su altre tubature: un “colpo d’ariete”, così come viene definito dai tecnici.

Alle prime luci dell’alba arriva il crack.

Un portiere d’albergo racconterà al Tg3 regionale che nel lungarno Torrigiani, a circa un centinaio di metri dal primo intervento, le sede stradale sprofonda progressivamente sul lato destro, quello delle spallette dell’Arno. Lì sono parcheggiate le auto dei residenti, e una ventina di esse – senza danni apparenti – finiscono nella fossa lunga quasi 200 metri per sette di larghezza e tre metri e mezzo di profondità. A quell’ora non passa praticamente nessuno, nel disastro arriva un po’ di buona sorte.

“Dopo le 6 abbiamo registrato la seconda anomalia – spiega ancora Carfì di Publiacqua – quella alla condotta da 70 centimetri di diametro, la dorsale di riva sinistra. Non sappiamo se ci sia stata la rottura del tubo che ha provocato l’erosione del terreno, o ci sia stata un’erosione del terreno nel tempo, con il crollo che ha rotto il tubo”.

A far propendere per la prima ipotesi è una foto diventata anch’essa virale: “Questa falla nelle tubature – tira le somme il comitato No tunnel Tav – era presente da tempo, ed è confermata dalla presenza di piante cresciute sul muro della spalletta sull’Arno, all’altezza della voragine. Sulle spallette lontane dal cedimento non c’è presenza di così tanta vegetazione. L’acqua ha intriso la terra contenuta dalla spalletta e ne ha aumentato il peso, questo ha poi provocato il collasso della spalletta stessa che ha spanciato, provocando in superficie la voragine”.

Per certo il sindaco Nardella, sul posto per l’intera giornata, parla di “errore umano”: “Non si può dire che è successo tutto all’improvviso, perché se smottano 200 metri di lungarno vuol dire che da un po’ lì c’è accumulo di acqua”.

Anche Alessandra Biserna del Consiglio nazionale dei geologi conferma: “Il crollo appare imputabile alla rottura di una tubazione. Improbabile che sia avvenuto tutto così improvvisamente. Magari si sono presentati alcuni segnali lievi, ma importanti per un occhio esperto. Sarebbe importante risalire ai dati sulla pressione della condotta. Penso ci sia un sistema di monitoraggio sulla distribuzione delle acque, mi auguro che così sia possibile una ricostruzione”.

Ci penserà il pm di turno Gianni Tei, che ha aperto una inchiesta e già fatto acquisire dei documenti nella sede di Publiacqua.