Ci vogliono l’acume e l’esperienza di Beniamino Natale, da trent’anni giornalista residente in Asia, per spazzare via con forza e provocazione, riuscita, alcuni miti costruiti intorno all’attuale Repubblica popolare cinese. In Cina la grande illusione, investimenti riforme e altri miraggi, (Informant, euro 3,99 euro, l’ebook si può scaricare dal sito della casa editrice o altri rivenditori online) Beniamino Natale affronta in modo diretto alcune domande cruciali sullo stato attuale della Cina. Prima di entrare a pieno nel ragionamento di Natale è necessaria una premessa. Le opinioni sulla Cina sono grosso modo divise in due campi: c’è chi critica Pechino a prescindere, da destra, con una vena polemica e qualunquista che ben presto dimostra la scarsa conoscenza del paese. Questa «parte» della critica è assolutamente marginale e non interessa – per fortuna – né noi né Beniamino Natale.

C’è poi chi invece elogia la Cina con grande entusiasmo: si tratta tanto di persone «di sinistra», come se Pechino fosse ancora oggi un baluardo del comunismo, quanto di quelli che potremmo definire «ottimisti del mercato» sempre lì a esaltare l’efficienza cinese. Questa «parte» composita e bizzarra crea molti rischi nel dibattito contemporaneo perché ammanta la Cina contemporanea di elementi che non esistono: analogamente a chi attacca la Cina da destra, molti dei «Beijing huggers» non hanno mai passato del tempo in Cina e non saprebbero neanche ordinare una ciotola di riso o di ravioli, o scambiare due parole con un cinese qualunque.

Potremmo definirli, al massimo, «turisti intellettuali». Due giorni in Cina e spiegano ai cinesi la loro cultura. Figurarsi se questa tipologia di persone può capire che cosa si muove dentro a quella macchina di potere che è il partito comunista cinese, misterioso proprio perché – fondamentalmente – inaccessibile. Ritenere che Pechino al di là della nomea «comunista» dei propri vertici, rappresenti oggi il massimo in termini di lungimiranza, di preparazione dei propri leader e di volontà di cambiamenti e riforme secondo Beniamino Natale è un errore, frutto di svariate «illusioni». Il campo nel quale si muove Natale è dunque quello di chi ritiene che la Cina oggi rappresenti la risposta migliore nel bel mezzo di questo mondo multipolare. Il giornalista, già corrispondente dell’Ansa da India e Cina, smonta fin dall’inizio alcune «credenze» sul gigante cinese.

Li Wei

Partiamo dall’inizio, l’«illusione numero uno»: la conquista del mercato cinese. La classe politica cinese difende il suo mercato interno coi denti e con forza. Non è assolutamente vero quanto si dice in questi ultimi tempi: la Cina – paese che dipende ancora molto dall’export – gestisce il proprio mercato interno creando barriere fortissime nei confronti di chi prova a entrare.

Seconda illusione: la Cina sta migliorando. Clamoroso errore: non è assolutamente vero, scrive Beniamino Natale e purtroppo non c’è che da concordare. Se si sperava in barlumi di aperture, che non significa chiedere «democrazia» per il gigante asiatico, ma un internet migliore, un codice civile migliore, processi meno sommari, più trasparenza, si può ben dire che durante il regno di Xi Jinping, il «presidente di tutto», il paese ha fatto notevoli passi indietro. Quello «stato di diritto» invocato proprio dal nuovo imperatore è ancora ben distante dal divenire realtà. E non solo: assecondare questa tendenza, non invitando ad esempio il Dalai Lama a incontri internazionali o «abbozzando» in situazioni diplomatiche delicate, dando sostanzialmente ragione alla Cina, secondo Natale è ancora peggio: «nella logica cinese-asiatica, scrive il giornalista – un cedimento non viene premiato, anzi conferma che il bastone funziona meglio della carota».

Terza illusione: il cambiamento avverrà dall’interno del Pcc. Errore: il Pcc è incartato e ha fatto passi indietro giganteschi anche a livello di dibattito interno con l’arrivo di Xi Jinping. Natale tratteggia la storia recente del partito individuando una tendenza purtroppo lampante, almeno per chi ha vissuto qualche tempo in Cina: da Deng Xiaoping in avanti il partito ha tentato di allargare le maglie del potere, depotenziando via via i leader in una corsa verso una gestione collettiva del comando che nel tempo ha premiato anche persone capaci. Xi Jinping ha interrotto tutto questo, riproponendosi come uomo solo al comando e circondandosi di adulatori, più che di persone «meritevoli».

Ultima illusione: la Cina affosserà o salverà il mondo. «No, il mondo ha fatto a meno della Cina per molto tempo, scrive Natale, così come la Cina ha fatto a meno del mondo», benché – naturalmente – sia meglio una cooperazione. Ma le visioni binarie, bianco e nero, non aiutano a capire il paese, a comprendere le caratteristiche, a portarlo in un ambito di reciproca fiducia. Le posizioni di Natale possono sembrare eccessive in alcuni punti del volume, ma toccano corde conosciute a chi ha vissuto in Cina.

Senza scadere nella retorica di «destra» che punta tutto sui diritti umani, salvo poi chiudere gli occhi quando si parla di altri paesi, come l’Arabia Saudita, Natale inserisce anche le vicende tibetane e xinjianesi, per fare due esempi, all’interno di un quadro più ampio fatto di «caratteristiche cinesi» ma anche di storia dell’area e tradizioni e usanze. Si tratta di una lettura piacevole (in alcuni casi Natale non lesina provocazioni anche verbali) costruita intorno all’idea di un piccolo manuale di storia recente del Partito comunista sicuramente utile a chi vuole farsi un’idea – anche – di come si lavora in Cina dal punto di vista giornalistico. Di come spesso non sia semplice, benché sia straordinariamente affascinante. Perché all’origine dell’acredine che Natale mette in alcuni passaggi, c’è il grande amore per un paese che non si finisce mai di conoscere.