Condannati all’utopia è il titolo la mostra dell’artista Fabrizio Basso alla Farmacia Wurmkos di Sesto San Giovanni a cura di Gabi Scardi (fino a domenica). Wurmkos è un laboratorio di arte visiva nato nel 1987, che ha sede in una ex farmacia, dove si confrontano l’arte e il disagio psichico con la partecipazione di artisti e critici, ispirandosi alle teorie di Franco Basaglia. «In questo momento di stravolgimento storico e sociale – afferma Basso – chi proviene da una tendenza rivoluzionaria si trova nell’impossibilità di agire: siamo in una condizione di regressione culturale e politica». La repressione brutale che è avvenuta negli anni Settanta e anche successivamente nei confronti di esperienze politiche che divergevano dal sistema dominante (come i centri sociali) ha determinato, secondo Basso, la situazione attuale di stallo e regressione che attraversa tutta la società. L’artista ligure ha fatto parte della galassia anarco-punk italiana (nata all’inizio come sperimentazione musicale e sviluppatasi poi nella direzione di una avanguardia sociale), esperienza rappresentata in mostra dalle fanzine.

È IL CASO DEL VOLANTINO sulla occupazione della base americana di Comiso (1982). Basso vi partecipò, notando come le istanze della protesta fossero sentite più all’esterno – con la partecipazione delle comunità anarchiche, sessantottine, femministe, partitiche – e molto meno dai locali. Ma la sua ricerca procede lavorando per frammenti sulla memoria, ripristinandola attraverso vari media. L’uso della parola si esplicita battendo sui tasti della Olivetti Lettera 32 («la forza per reagire ad una perquisizione rude / resistere una notte / in una stanza lunga lunga / lunga una notte intera / con il tic tac di una olivetti che ti tortura/»). Una scrittura la sua, che rimanda alle retate del generale Dalla Chiesa a Genova negli anni Settanta.

QUESTO FARE ARTE attraverso uno sguardo politico consente una ulteriore riflessione sulla lacerazione della società, eliminando ogni spazio del dissenso e della proposta alternativa in funzione di una omologazione comunitaria alienante. Condannati all’utopia è una condizione mentale, fisica, senza tempo dove si intrecciano le storie del vivere periferico, senza le distrazioni spettacolari del centro, in cui ognuno di noi può ritrovare parte della sua storia personale. La messa in scena di Basso è essenziale, coerente, radicale. La tecnologia definisce lo spazio attraverso le registrazioni audio dei centri sociali milanesi, come il Virus o le case occupate, oggi scomparsi. E ancora le prime trasmissioni pirata radiofoniche (Radio Belin) e televisive (Fuck International Radio & Tv) che lui realizza a partire dal 1992, in un periodo in cui si rischiava l’arresto per azioni del genere.

LA MOSTRA EVIDENZIA quanto la parola sia stata il filo conduttore della ricerca artistica compiuta da Basso negli ultimi vent’anni, non solo con le audio registrazioni, la scrittura su carta, le fanzine punk, ma anche attraverso la serie Ciclostile in Proprio. Dieci volantini documentati con una macchina fotografica Polaroid che passa nelle mani di artisti, critici, giornalisti, attori, pensatori, per documentare il portone, il civico corrispondente al cicl. in prop. di un volantino d’epoca.
Restituire luoghi che non esistono più significa anche riconsegnare un ricordo che da personale si fa collettivo nell’atto del display espositivo. Così tre artisti – Bartolomeo Migliore per Torino, Sarah Revoltella per Trieste, Riccardo D’Avola per Comiso – sono invitati a collaborare, modificando il progetto di Basso, attraverso la loro unicità interpretativa.