In gergo telematico, la filter bubble è la bolla dei contenuti che isola ogni utente: le notizie personalizzate su Facebook, le ricerche di Google e i consigli per gli acquisti di Amazon tendono a farci vedere un mondo fatto di nostri simili. La bolla ideologica del Movimento 5 Stelle, che dal web è scesa in piazza ieri pomeriggio a Roma per manifestare contro la riforma costituzionale Renzi-Boschi, non consente ai circa 2 mila sostenitori di Grillo che hanno marciato ieri di scorgere le 200 mila di persone che, a pochi chilometri, invadevano il centro di Roma per prendere parola contro la violenza sulle donne. Non un riferimento, tantomeno qualche slogan comune. Nessun link tra le piazze, per restare alla metafora digitale. E questa è la prima notizia.

Quello che possiamo considerare come il primo «corteo» (anche se i grillini preferiscono usare il termine «marcia») dell’intera storia pentastellata si è mosso per circa quattro chilometri, dalla Basilica di San Paolo alla Bocca della Verità, in maniera discreta, quasi timida. «Ma che è, il corteo del silenzio?», chiede la barista in piazza di Porta San Paolo, che di manifestazioni ne ha viste tante. La folla si dipana per piccoli cerchi lungo la corsia centrale, senza che ci sia bisogno di chiudere le carreggiate al traffico. Al centro di ogni nugolo c’è uno dei personaggi più in vista del M5S. Il popolo del web grillino collezione selfie. In testa c’è Grillo, guardato a vista dall’uomo dei media, Rocco Casalino. Dentro al sottopassaggio di via Ostiense, quando inciampa in una buca sull’asfalto, il consumato showman capisce che il circo mediatico ne approfitterà per chiedere conto alla sindaca Virginia Raggi, che fa da padrona di casa. Della sua giunta compare l’assessora all’ambiente Paola Muraro, al centro di inchieste e imbarazzi. Qualche selfie non si nega neppure a lei. Alessandro Di Battista ha un abbraccio, una parola, un sorriso per ognuno dei partecipanti. Firma copie di «A Testa in Su» il suo libro uscito in questi giorni che ruota attorno all’apologo del figlio terzomondista di ritorno dal Guatemala che si scopre in affinità col padre di estrema destra grazie alle parole d’ordine della «sovranità» e dell’«onestà», «oltre le ideologie ottocentesche del fascismo e dell’antifascismo».

Sul palco c’è anche Carla Ruocco, autrice del necrotweet del giorno che accosta la foto di Fidel Castro a quella di Gianroberto Casaleggio con frase attribuita al primo («Nessun rivoluzionario muore invano»). Parlano tutti i membri dell’ex direttorio. «Noi non abbiamo nemici, dialoghiamo con tutti: anche con gli imprenditori della grande industria» dice Grillo in veste rassicurante, porgendo il microfono a Ruocco. Che lo asseconda: «Non vi preoccupate, quando vinceremo non ci sarà nessun crollo di borsa, niente di clamoroso. La finanza vuole idee chiare e noi le idee le abbiamo chiarissime». Luigi Di Maio dice: «In tutta Europa i partiti tradizionali stanno scomparendo. Solo qui non si rassegnano». Di Battista ringrazia le forze dell’ordine e fa notare a quelli della «stampa estera»: «Vedete? Col M5S in piazza non ci sono incidenti». Poi Grillo si prende il palco. Il suo intervento è un cut up di immagini, evocazioni futurologiche, rassicurazioni populiste e spiazzamenti quasi psichedelici. Roba forte per una platea al solito non giovanissima. «Siamo dei disadattati, dei perdenti – urla Grillo – Ma il fallimento è poesia!». Poi: «Il Movimento è una tecnologia! Lo capite o no che vi stiamo dando uno strumento per lasciare un segno nella vostre vite?». Ancora: «Quando una crisi dura dieci anni non è una crisi, è un mondo nuovo che si afferma». E per finire: «Il vero strumento per uscire fuori da questa situazione è la pancia, non la testa. È seguendo il cervello che l’asino di Buridano morì di fame». Finale sulle note di Puccini: «All’alba vincerò». La folla, un po’ sbigottita,applaude prima dell’ultimo selfie.