Laggiù in fondo al centro sinistra, c’è forse qualcuno che ha qualcosa da ridire se la mitica «esperienza Pisapia» dopo mesi di stucchevole melina sul valore delle primarie viene simpaticamente presa a calci dal partito della nazione? Pare di no, non pubblicamente almeno. C’è chi mastica amaro in silenzio e chi balbetta su facebook dicendo a nuora perché suocera intenda, ma sostanzialmente è tutto un arrampicarsi sui vetri per giustificare l’ingiustificabile, cioè l’adesione al giochino delle primarie truccate di proprietà esclusiva del Pd. Sempre che si facciano.
E c’è di peggio. Sottobanco, nella poco salutare palude delle trattative interne al centrosinistra, si sta consumando il triste mercanteggiamento di eventuali incarichi futuri per convincere questo o quel candidato a fare un passo indietro per lasciare campo libero all’ex commissario unico per l’Expo, Giuseppe Sala. Si chiamano «forti pressioni». E’ lui il candidato sindaco del partito di Renzi destinato alla poltrona di Palazzo Marino. Quando si dice commissariamento della politica, quello che sta andando in scena sotto forma di dramma a Roma funziona alla perfezione anche per Milano, con più stile forse. La capitale sarà anche morale, ma con la coda tra le gambe. L’idea, lo sanno tutti da quando Pisapia ha tolto il disturbo, è di far saltare le primarie del 7 febbraio con tanti saluti alla partecipazione democratica dei milanesi e a quelli che a sinistra del Pd fanno ancora finta di crederci (vedi Sel e chi si ostina ad autodefinirsi sinistra interna al partito di Renzi).
Nel frattempo, in attesa di conoscere l’esito del travagliato brigare che probabilmente lancerà il manager Sala come unico candidato del centrosinistra – si faranno da parte o terranno botta i candidati del Pd Fiano e Majorino? – la cronaca politica impone di occuparsi di ben altro. Non delle frattaglie dei pochi orfani della rivoluzione arancione che sempre brancolano nel buio e dibattono sul che fare, ma della ciccia politica dell’unico partito che di fatto in queste ore sta presentando il suo candidato sindaco per le amministrative del 2016. Quasi in silenzio, grazie ad un lavoro sul territorio che appare oscuro solo perché i media mainstream si ostinano a guardare altrove. E’ il Movimento 5 Stelle, un dettaglio ormai impossibile da sottovalutare anche a Milano visto che è già quotato intorno al 23% senza aver mai battuto un colpo.
Sembra incredibile, ma i nomi che faranno tremare il partito della nazione e il centrodestra, rischiando di annientare qualsiasi resistibile tentativo della sinistra di ricompattarsi fuori e contro il Pd, sono questi: Antonio Laterza, Franz Forcolini, Patrizia Bedori, Gianluca Corrado, Livio Lo Verso, Walter Monici, Fulvio Martinoia e Matteo Cattaneo. Sconosciuti. Con uno di loro, il prossimo maggio, il M5S raccoglierà tanti consensi quanti i protagonisti di sinistra della cosiddetta «rivoluzione arancione» del 2011 non hanno mai avuto nemmeno nella loro più sfolgorante primavera. Ieri sera, in una modesta sede di zona, in via Sansovino, i candidati si sono presentati alla città con a disposizione appena tre minuti a testa per convincere gli iscritti milanesi del blog di Beppe Grillo. Il voto questa volta non sarà virtuale ma avverrà domenica prossima con tanto di urne e schede nell’auditorium di via Valvassori Peroni (zona Lambrate).
Milano non è Roma, e nonostante il definitivo tramonto di una stagione politica che non c’è più per ora sembra improbabile un colpaccio del movimento di Beppe Grillo. E però, fuori dai sondaggi, e fuori dai denti, sono sempre di più gli elettori di sinistra che ci stanno facendo un pensiero perché delusi dall’inconsistenza di chi si ostina ad aggrapparsi al mito dell’esperienza Pisapia arrivando al punto di digerire una candidatura come quella del manager di Expo. Anche perché, per il momento, non sembra avere molto appeal il tentativo di Civati e del Prc di spacciare la moneta falsa dell’unità a sinistra contro questo Pd. Inoltre, se davvero Renzi riuscirà ad annullare le primarie per imporre Sala, il voto al M5S rischia di diventare l’unico utile per fargliela pagare. Non sarà buona politica, ma con il risentimento prima o poi bisognerà farci i conti.