Sta facendo scalpore, in Argentina, l’arresto della deputata Milagro Sala, eletta al Parlasur, il Parlamento del Mercosur: «In questo momento la polizia di Gerardo Morales mi sta arrestando, è come durante la dittatura», ha scritto la parlamentare con un ultimo twitter. Sala, leader dell’organizzazione indigena Tupac Amaru, è così diventata la prima prigioniera politica del governo Macri. E’ finita in carcere a San Salvador del Jujuy per ordine del governatore della provincia, Gerardo Morales, del partito Cambiemos, alleato di Macri. L’accusa è di «istigazione al delitto e concorso reale in tumulto»: per un presidio di protesta contro i tagli alle cooperative, installato da oltre un mese davanti alla sede dell’Esecutivo provinciale. Per sostenere la deputata, che ha iniziato uno sciopero della fame, si stanno svolgendo mobilitazioni in tutto il paese. Per la Tupac Amaru, l’arresto della leader costituisce «una gravissima violazione ai diritti sociali, civili e politici dei lavoratori delle cooperative e una chiara manifestazione di odio». Sala ha ricevuto solidarietà dai deputati progressisti del blocco regionale, che comprende Brasile, Argentina, Venezuela, Uruguay, Paraguay e Bolivia.

Creato nel 2005, il Parlasur prevedeva inizialmente l’elezione indiretta di 18 deputati per ogni paese, proposti dai singoli Parlamenti. Dal 2011, si è stabilito che, entro il 2020, i partecipanti debbano essere eletti direttamente dal popolo e così avviene nella maggior parte dei paesi. La quota di rappresentanti è stata diversificata: 76 per il Brasile, 43 per l’Argentina, 33 per il Venezuela, 18 ciascuno per Uruguay e Paraguay e 3 per la Bolivia, entrata di recente. Il Parlasur, che si riunisce 5 volte l’anno, contempla una rappresentanza di genere, di etnia e per regioni.
Le accuse nei confronti di Sala, ritenute inesistenti dalla difesa che ha presentato ricorso, prevedono il carcere da due a sei anni. Il governatore la ritiene anche responsabile di non aver rispettato il piano di regolarizzazione delle cooperative, che i lavoratori contestano: ma Milagro – ha spiegato l’avvocato Luis Paz – non è presidente di nessuna cooperativa, né ha incarichi formali nella Tupac Amaru. E’ presidente del Partido por la Soberania Popular e deputata al Parlasur. Chiederle di rispondere dei problemi delle cooperative sarebbe «come accusare un cittadino comune per le inadempienze di un funzionario pubblico».

La questione è tutta politica e rivela la fragilità legislativa delle leggi di tutela delle cooperative di fronte alla stretta neoliberista decisa da Macri. A colpi di decreto, il presidente imprenditore sta cercando di azzerare le conquiste sociali realizzate in 12 anni di kirchnerismo. In meno di due mesi ha avviato un massiccio piano di licenziamenti e represso brutalmente gli operai, ha attaccato la libertà di stampa e intimidito le organizzazioni per i diritti umani. Con una decisione ritenuta incostituzionale e denunciata dalla sinistra, ha modificato a suo favore la composizione del Superior Tribunal de Justicia, aumentando il numero dei magistrati anche a livello provinciale. Le cooperative della Tupac – accusa la destra – hanno funzionato in base ad accordi «presi col kirchnerismo e col radicalismo e queste sono le conseguenze».

Ma la sinistra si mobilita per la leader indigena e manifesta contro «la criminalizzazione della protesta sociale». E la tensione sale. Ieri, Cristina Kirchner ha inviato un messaggio di solidarietà ai lavoratori colpiti dal neoliberismo.