A quattro giorni dal primo turno delle primarie della destra, è sceso in campo come elemento di disturbo Emmanuel Macron: con una messa in scena ben studiata, da un centro di apprendistato di Bobigny, nella banlieue parigina, l’ex ministro dell’Economia del governo Valls ha ufficializzato la propria candidatura alle presidenziali della prossima primavera. Alain Juppé, finora favorito nei sondaggi per ottenere la candidatura dei Républicains su una posizione centrista, ha puntato il dito contro un «cavaliere bianco», che scende nell’arena per scaldare il posto a François Hollande, non ancora candidato. Per Juppé, Macron è una finzione, destinata a cancellarsi di fronte a Hollande, che ha tutto l’interesse a favorire la vittoria a destra, alla conclusione dei due turni delle primarie il 20 e il 27 novembre, dell’ex presidente Nicolas Sarkozy, che ha fatto una campagna estremista, per sedurre l’elettorato del Fronte nazionale. Hollande manderebbe così avanti Macron, un centrista, 38 anni, per disturbare lo scrutinio della destra e favorire Sarkozy, un rivale che il presidente ritiene più facile da battere.

Per i socialisti, invece, Macron è semplicemente una mina vagante, l’ultimo elemento che porterà a una sconfitta sicura contro la destra e l’estrema destra. C’è già una moltiplicazione di candidature in un’ampia area di sinistra: due trozkisti; Jean-Luc Mélenchon (che spera di superare il 15% e di essere al secondo turno) per il suo nuovo movimento La France Insoumise; forse un candidato comunista, visto che la direzione del Pcf ha rifiutato di sostenere Mélenchon (ma bisogna aspettare la scelta degli iscritti); il verde Yannick Jadot, che ha vinto le primarie écolo; il socialista che vincerà le primarie Ps a gennaio (ci sono già alcuni candidati, ma c’è l’attesa di una decisione di Hollande, a dicembre, mentre il primo ministro Manuel Valls scalda i muscoli nel caso di una rinuncia dell’attuale presidente). Ci pensa anche Christiane Taubira, radicale di sinistra ed ex ministra della Giustizia che ha dato le dimissioni perché contraria alla proposta di perdita della nazionalità per i terroristi. Una dispersione di candidature che avrà molto probabilmente come risultato l’assenza di un candidato di sinistra al ballottaggio di maggio. Macron ha già fatto sapere che non intende partecipare alle primarie del Ps, a gennaio.

Si dichiara né di destra né di sinistra: «Il mio obiettivo non è di riunire la sinistra, né di riunire la destra – ha detto ieri – ma di riunire i francesi». Macron si presenta al di fuori dei partiti («non sono socialista», ha affermato, e in effetti non ha la tessera del Ps da tempo). Si propone come liberal, in economia e per le questioni sociali: «Liberare le energie e proteggere i più deboli», pro-business e al tempo stesso per una società aperta. Sull’onda Trump, gioca anche lui la carta «anti-sistema», pur essendo un alto funzionario passato per la banca Rothschild (ma è stato anche per un breve periodo assistente del filosofo Paul Ricoeur), è sceso in campo in politica da meno di 5 anni. Dietro non ha quasi nessuno, per il momento: ad aprile, ha fondato il movimento En Marche!, che per ora ha convinto non più di una trentina di parlamentari socialisti, il sindaco di Lione (oltre a un ex ministro di Chirac e a un economista centrista) e qualche personalità del mondo degli affari. Per poter essere candidato alle presidenziali avrà comunque bisogno di 500 firme di eletti, e non è detto che riesca a riunirle.

Ma molto dipenderà dalla dinamica della campagna. Daniel Cohn-Bendit, per esempio, ha dichiarato di essere disposto ad appoggiarlo, nel caso la destra candidi Sarkozy.

A destra, la discesa in campo di Macron ha aumentato il nervosismo. Juppé tema che i sondaggi vengano smentiti, Sarkozy «candidato del popolo» propugna «il ritorno dell’autorità», mentre sembra salire François Fillon, l’ex primo ministro che propone lacrime e sangue in economia (ed è il candidato della «manif pour tous», anti matrimonio gay).