Mafia nera, macché rossa, facciamo rossobruna e non se ne parli più. Mafia senza contatti che la altre mafie, anzi no, collegata alla Camorra nella persona di Carminati Massimo, però senza che i guaglioni mettessero bocca negli affari della capitale. Mafia che foraggia i politici da decenni. C’è chi è andato a sbirciare i contributi di Salvatore Buzzi, sodale del noto supercriminale, alla campagna elettorale di questo o quello risalendo sino a una quindicina d’anni fa.
La vicenda di Mafia Capitale, soprattutto grazie a un sistema mediatico raramente così sciatto, è diventata così un crogiuolo di veleni del tutto incomprensibile. Tale è destinata a restare, se non si parte dal fare chiarezza sui protagonisti dell’affaire e sulle loro parabole: la cooperativa di Buzzi, la «29 Giugno», e «il Nero», Massimo Carminati.
La «29 giugno» nasce a metà anni ’80, nel clima di rinascita democratica che accompagnava nelle carceri la fine dell’emergenza. Sono gli anni di Niccolò Amato direttore del Dap, del primo convegno sulle pene alternative organizzato all’interno del carcere di Rebibbia con la partecipazione di numerosi esponenti politici della sinistra. La proposta di una cooperativa mista di detenuti comuni, come Buzzi, e politici, come la tesoriera Bugitti, ex Br, è un esperimento pilota di risocializzazione, impensabile sino a poco prima. Sponsor dell’operazione è Angiolo Marroni, assessore al Bilancio della provincia di Roma, poi vicepresidente del consiglio regionale del Lazio, oggi garante dei detenuti nel Lazio: uno che a vederla in rosa ha dedicato la vita ai carcerati e a guardarla con gli occhiali scuri ci ha costruito sopra la carriera politica sua e del figlio Umberto, oggi deputato Pd, candidato sindaco di Roma nei sogni di Buzzi.

La cooperativa decolla con l’attivissimo sostegno di Marroni e grazie alla legge del 1991, che permette l’assegnazione diretta degli appalti, senza gara, alle cooperative sociali. È una legge ragionevole: cooperative di ex detenuti o di ex tossicodipendenti non potrebbero altrimenti competere con le aziende private. Ma è anche una legge con un versante pericoloso, perché rischia forte di diventare, col tempo, uno dei veicoli privilegiati della clientela, specialmente quando questa, a fine millennio, esplode nelle realtà locali.
Buzzi, detenuto per omicidio (truculento: 34 coltellate per una storia di truffe), poi graziato nel ’94, è un tipo energico. La «29 Giugno» diventa presto non solo un modello di risocializzazione ma anche il fiore all’occhiello della cooperazione sociale. Buzzi vive ed è immerso fino al collo nel mondo del centrosinistra romano. Lo conoscono tutti, lo stimano tutti. A un certo punto però, parte nell’amministrazione Rutelli, parte in quella Veltroni, la «29 Giugno” si allarga. Si fa consorzio, si trasforma in una potenza a Roma e non solo a Roma. Buzzi diventa uno dei principali punti di riferimento della cooperazione sociale e della Lega delle cooperative nella capitale. Difficile non pensare che la sua ascesa sia anche una conseguenza dell’ondata di clientelismo che sommerge tutte le amministrazioni e gli enti locali a partire da fine anni ’90.

Quando arriva al potere capitolino, Alemanno parte in quarta, deciso a far fuori la cooperativa rossa, e delibera di conseguenza. Ci sono proteste, manifestazioni al Campidoglio per mesi. Ma probabilmente Buzzi cerca anche una via privata per riconciliarsi con i nuovi egemoni, e la trova in Massimo Carminati. Anche su di lui, in questi giorni, si sono scritte parecchie scemenze. Neofascista, sì, ma di tipo più superomista che altro. Il suo obiettivo nella vita era «trasgredire tutte le norme del codice penale», come raccontava ai compagni di classe Fioravanti, Anselmi e Alibrandi. Poco dopo quelli daranno vita ai Nar. Lui no: se ne tiene fuori, ma in buoni rapporti. Mai stato nei Nar e neppure nella banda della Magliana (e mai ferito in uno scontro a fuoco con la polizia: gli spararono a freddo mentre, disarmato, passava il confine con la Svizzera clandestinamente. Pensando che fosse Francesca Mambro non si peritarono di dare l’alt). «Il Nero» piaceva molto a uno dei principali boss della Magliana, Franco Giuseppucci, «er Negro», che lo aiutava a far soldi investendo a strozzo i proventi delle rapine e in cambio gli chiedeva qualche favore, secondo i pentiti piuttosto sanguinoso. Ma neppure nella Magliana Carminati è mai stato organico, come non sembra sia oggi neppure nella Camorra, con cui pure avrebbe frequenti rapporti. È un solitario: conosce, ha buoni rapporti, ma si tiene sempre un passo fuori.

Un po’ grazie alle manifestazioni di protesta, un po’ grazie ai buoni uffici del nuovo amico, la «29 Giugno» torna in auge. Alemanno rinuncia all’offensiva, ritira la delibera. La famosa foto con Poletti è stata probabilmente presa proprio nel corso della «cena di riconciliazione». Il resto è scritto, anche se andrà verificato, nell’ordinanza della procura di Roma. Ma due cose vanno dette con chiarezza. La prima è che Buzzi, fino a pochi giorni fa, era considerato da tutti, nel centrosinistra, un modello. Di qui i rapporti di molti con lui. La seconda è che immaginare una città «sana», come dice Alfano, poi corrotta dall’arrivo del lupo mannaro Carminati, è una semplificazione che pare fatta apposta per assolvere un sistema che è stato per lustri fondato sulla clientela. Senza attendere Carminati di sorta.