Né mezzo, né doppio. Per capire se davvero il sindaco di Roma Ignazio Marino al ritorno dalle sue vacanze americane si ritroverà il prefetto Franco Gabrielli a fargli da tutore e a dirigere, un gradino sopra di lui, l’opera di bonifica dell’amministrazione capitolina dai tentacoli di Mafia capitale, bisognerà solo attendere di vedere le carte.

Che sia un Dpcm, ossia un decreto del premier come quello già firmato giovedì in consiglio dei ministri che dà al prefetto di Roma il compito di coordinare la governance del Giubileo, o che sia una direttiva o un atto di indirizzo ministeriale, nessuno ancora lo ha visto.

Semplicemente perché non c’è. Nulla è stato ancora messo nero su bianco e resta per ora solo l’annuncio dato giovedì dal ministro Alfano: «Ho informato il Cdm che intendo nominare Gabrielli per pianificare insieme al sindaco interventi di risanamento» del Campidoglio. Che cosa significhi, con quali poteri e strumenti, nessuno lo sa, nemmeno in prefettura. Solo ipotesi: «È probabile – spiegano in Via 4 Novembre – che il potere di spostare funzionari e annullare atti, per esempio, rimanga nelle sole mani del sindaco». Di sicuro, «tutto si dovrà svolgere all’insegna della leale collaborazione».

D’altronde, è difficile anche appurare cosa ci sia scritto nella relazione sulle infiltrazioni di Mafia capitale che il titolare del Viminale ha messo a punto sulla base del lavoro prefettizio e portata in Cdm. Sarebbero state secretate, infatti, quelle sei pagine contenenti la proposta di commissariamento del municipio di Ostia (per il quale ora si attende il decreto del presidente della repubblica, esattamente come accade con lo scioglimento di un qualsiasi comune) e di investimento del prefetto Gabrielli nell’opera di risanamento di quella macchina amministrativa «caratterizzata – ha riferito Alfano – da gravi vizi di legittimità e procedurali».

Il consigliere comunale, Riccardo Magi, presidente di Radicali Italiani, non ci sta: «La relazione di Alfano approvata dal Cdm va immediatamente resa pubblica. È un atto amministrativo e dunque, eventualmente, impugnabile davanti al Tar, anche da un consigliere comunale. Dalle dichiarazioni del ministro invece non è assolutamente chiaro sulla base di quale norma e con quali atti si intenda affidare, o sia già stato affidato, “l’incarico di stabilire insieme al sindaco un piano per l’adozione di atti di indirizzo” negli otto ambiti di intervento. È fondamentale – conclude – per valutare sostanza, fondatezza, legittimità e anche il valore politico delle decisioni assunte».

Il commissariamento del X Municipio seguirà una strada decisamente più semplice. Anche perché, come spiega l’assessore alla Legalità Alfonso Sabella, «il territorio di Ostia è fortemente infiltrato da una criminalità mafiosa molto più tradizionale e di tipo diverso da Mafia Capitale, molto più legata al controllo del territorio. Del resto io stesso mi ero occupato proprio di Ostia quando facevo il pm a Palermo». Così come più semplice e rodata sarà la governance del Giubileo: «Non credo che sia un lavoro più difficile rispetto all’Expo di Milano», dice il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, nel suo ruolo di controllore degli appalti, che saranno affidati in tempi dimezzati, pur senza deroghe nelle procedure.

Intanto cresce la mobilitazione attorno alla manifestazione indetta per il 3 settembre dal presidente e commissario speciale per Roma del Pd, Matteo Orfini. Si chiamerà «Antimafia Capitale» anche se la molla non è scattata né con la prima tranche degli arresti eccellenti né con la seconda, ma con il funerale-show dei Casamonica. Perciò l’appuntamento è nella piazza antistante la chiesa di Don Bosco diventata simbolo delle cosche romane che si spartiscono il controllo del territorio, non potendo da sole arrivare a quello delle amministrazioni. Sarà senza simboli politici, al punto che vi parteciperà anche Alfio Marchini, il candidato su cui punta il centrodestra per riconquistare il Campidoglio e che accusa Marino di essere stato «messo lì con primarie farlocche». Qualcuno ovviamente sente puzza di stantio. «Attenzione – ammonisce il coordinatore romano di Sel Paolo Cento – che non diventi la piazza delle larghe intese».