Per la morte di Riccardo Magherini sono stati condannati tre carabinieri. Con loro anche le “procedure di fermo” operate troppo spesso dalle forze dell’ordine con il ricorso alla violenza. La sentenza è arrivata di buon mattino, in un’aula affollata dai tanti amici di Riki, e dai volontari della Croce rossa solidali con due colleghe imputate. Ma non si sentiva volare una mosca mentre la giudice Barbara Bilosi leggeva la sentenza di condanna per omicidio, “in cooperazione colposa fra loro”, di Vincenzo Corni, Stefano Castellano e Agostino Della Porta. Otto mesi al primo, sette mesi agli altri due. Assoluzione “per non aver commesso il fatto” per un quarto militare dell’Arma, Davide Ascenzi, e per le due volontarie Claudia Matta e Jannetta Mitrea.

La giudice Bilosi ha sintetizzato nel dispositivo della sentenza le motivazioni della condanna. In sostanza i tre carabinieri hanno concorso a provocare la morte di Magherini, avvenuta “per arresto cardiocircolatorio, da intossicazione acuta da cocaina associata a un meccanismo asfittico”. I militari, arrivati in Borgo San Frediano dove Magherini si aggirava urlando in camicia, ma senza aver aggredito nessuno, “dopo averlo non senza difficoltà immobilizzato e ammanettato”, hanno causato la morte del fermato “tenendolo prono a terra, in situazione idonea a ridurre la dinamica respiratoria”, per almeno quindici minuti. Il tutto in una gelida notte d’inverno, fra il 2 e il 3 marzo 2014, a pochi passi da piazza Santo Spirito.

“Dal punto di vista giuridico è una vittoria – ha spiegato l’avvocato Fabio Anselmo, legale dei Magherini – perché il comportamento dei carabinieri meritava un trattamento sanzionatorio. Ed è una sentenza importante, perché le forze dell’ordine devono capire che questi comportamenti non possono tenerli: una volta fermata e bloccata, una persona deve essere messa subito in condizione di poter respirare”. Subito dopo Anselmo sottolineato l’assoluzione dei volontari. “Le responsabilità sono state esclusivamente dei militari, come noi abbiamo sempre sostenuto”.

“Sono soddisfatto – ha detto a sua volta Guido Magherini, padre di Riccardo – perché tutto quello che avevano detto i carabinieri non è stato creduto dal tribunale. In particolare sono soddisfatto per Brando (il figlio di Riccardo, ndr), perché suo padre non era quello che qualcuno voleva far credere. I carabinieri sono stati condannati perché hanno ucciso Riccardo, che nessuno ci renderà”. Accanto a Guido Magherini l’altro figlio Andrea: “Sono stati condannati, ora almeno per me sono gli assassini di mio fratello”.

Un altro vincitore del processo è l’avvocato Massimiliano Manzo, che difendeva i volontari della Croce rossa: “La soddisfazione è grande, è stata fatta giustizia anche per Maurizio Perini (il terzo volontario imputato, morto in un incidente stradale, ndr). Ed è una sentenza importante, anche perché arriva dopo un ampio dibattito”. Felice la volontaria Claudia Matta: “Ma prima di tutto un pensiero alla famiglia Magherini, alla quale nessuna sentenza potrà mai rendere Riccardo”.

Di “sentenza equilibrata” parla l’avvocato Francesco Maresca, difensore di tre carabinieri, che comunque ricorrerà in appello. Mentre da Roma interviene il senatore dem Luigi Manconi: “Dunque la richiesta di verità, sostenuta con tanta intelligenza e determinazione da Guido e Andrea Magherini, non era affatto pretestuosa. Dunque non abbiamo sbagliato a sostenere questa battaglia per la giustizia. Si dovranno valutare le motivazioni, ma intanto si può dire che quando un cittadino trova la morte durante un’azione di uomini e apparati di polizia, le responsabilità vanno accertate col massimo rigore: è in gioco la stessa credibilità dello stato di diritto e del sistema delle garanzie”.

Tira le somme Tommaso Fattori, consigliere regionale di Toscana a Sinistra: “Un pensiero affettuoso alla famiglia, a chi ha testimoniato con coraggio, ai tantissimi che hanno impedito che non fosse fatta giustizia. E un pensiero agli altri recenti morti ‘nelle mani dello Stato’: Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Stefano Cucchi, Francesco Mastrogiovanni, Marcello Lonzi, solo i casi più noti. E a chi, come a Genova, fu torturato alla Diaz e a Bolzaneto”.