All’inizio la disobbedienza: non appena il governo ha chiesto alle regioni di contribuire alla legge di stabilità con dei risparmi sulla sanità, Chiamparino ha respinto la richiesta definendola «insostenibile». A ruota Coletto, l’assessore del Veneto, ha parlato di «mattanza». Ma il più estroso di tutti è stato Enrico Rossi, il presidente della Toscana, che ha detto: «Il ssn non si tocca……ai nemici del servizio sanitario dico di fermarsi o sono pronto a portare la gente in piazza per difenderlo!».

Dopo la disobbedienza la sottomissione: è bastato un tweet di Renzi «non scherziamo») e tutti sono tornati a cuccia e a una lettura più attenta la manovra è apparsa loro improvvisamente del tutto condivisibile, si tratta solo di discuterne.

Dopo la sottomissione la malafede: per le Regioni si tratta di capire come e a chi far pagare i risparmi della sanità. E, colpo di scena, si fa avanti proprio Rossi, quello che voleva portare la gente in piazza contro Renzi e che, pentito della sua bravata, propone una controriforma: il tormentone «non possiamo più dare tutto a tutti» diventa «dà di più chi ha di più», il «taglio agli sprechi» diventa il «taglio dei privilegi», ma quali siano i privilegi non si sa. E tutto questo perché? Perché la sanità toscana, dice Rossi, è perfetta, irreprensibile, senza l’ombra di uno spreco… senza alcuna inefficienza… e non ci sono risparmi da fare, tutto è speso come si deve . E qual è la pensata di Rossi? Imporre ai redditi alti di pagare, per le prestazioni che ricevono un super contributo.

Una vecchia proposta implausibile (tecnicamente inefficace a raggranellare risorse, difficile da commisurare su redditi credibili, iniqua e pericolosa) ma che proprio per questo ci autorizza a pensare che in realtà gli obiettivi di Rossi siano ben altri dal momento che essa è in pratica un invito esplicito rivolto ai redditi alti ad abbandonare la sanità pubblica. Perché mai i redditi alti, che pagano già, attraverso l’addizionale Irpef (Irap a parte), alti contributi solidali dovrebbero restare nella sanità pubblica quando con molto meno potrebbero farsi una mutua, un fondo, o una assicurazione, ed avere una sanità sostitutiva tutta per loro? Senza il concorso di tutti i redditi, cioè senza la fiscalizzazione del finanziamento, salterebbe un fondamentale principio di solidarietà grazie al quale il nostro sistema costa poco (meno di qualsiasi altro sistema privato) riuscendo a tutelare tutti.

Tassare la solidarietà come propone Rossi è un delitto contro la solidarietà e apre a un genere di convivenza sociale fondata sulle differenze di reddito e non più sui diritti. Ma soprattutto apre le porte a una pericolosa destabilizzazione del sistema pubblico per ridurlo ad essere solo un sistema di tutela per «indigenti».

Ma a parte le spavalderie bipolari di Rossi, vorrei rivolgermi alle regioni: come fate ad avere la faccia tosta di rifiutarvi a fare una bonifica marginale di soli 2 o 3 mld di euro quando in sanità tutti sanno che il volume potenziale di risparmio a scala di sistema è pari almeno a un quarto dell’intera spesa sanitaria cioè di 110 mld? Con quale coraggio di fronte alle tante possibilità che esistono di risistemare il sistema sanitario ci minacciate con altri tagli e altre tasse? Dopo che per anni a causa della vostra incapacità e della vostra disonestà avete fatto dei nostri diritti carne di porco.

Sappia Renzi che con queste regioni i risparmi che lui chiede non diventeranno mai una nuova o un’altra sanità più moderna e più pulita. Esse da anni di fronte ai problemi finanziari del paese rispondono tagliando sulla qualità dei servizi, sui diritti privatizzando e tassando le persone.

Per cui il governo non può pensare di abbandonare i cittadini nelle loro mani. Siccome la ministra della Salute non si vede e non si sente, si ponga Renzi il problema della difesa sociale dei diritti, altrimenti sarà uno scempio…

Io credo che da tempo la sanità pubblica, in ragione di tanti mutamenti interni ed esterni, abbia esaurito un ciclo riformatore e che sarebbe saggio aprirne uno nuovo per cambiarla anche profondamente, ma a valori costitutivi invarianti e con lo scopo di «dare di più e di meglio a chiunque in ragione delle necessità di ognuno costando meno di ciò che costa oggi». Chi ostacola il cambiamento sono le regioni e coloro che pur al governo della sanità non hanno un pensiero riformatore.

Di questo passo per incapacità della politica perderemo la sanità pubblica. La strada non è quella di Rossi, che vuole un sistema meno costoso per lo stato ma più costoso per il cittadino e quindi meno giusto, ma è quella di fare in modo che la sanità che abbiamo sia meno costosa per lo stato e il cittadino e più giusta per tutti.